Addio a Papa Francesco, il vescovo degli ultimi venuto da lontano


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Non dimenticatevi di pregare per me.” Questa frase, che Papa Francesco ha pronunciato più volte con la sua consueta umiltà, in queste ore assume un significato ancora più profondo e carico di emozione. Bergoglio si è spento, a 88 anni, nel silenzio di una Roma ancora addormentata e torna al centro delle preghiere di milioni di persone sparse nel mondo.

Da quando la notizia del ricovero al Policlinico Gemelli aveva iniziato a circolare, le parole del Santo Padre erano diventate un invito a unirsi in preghiera. Non solo i cattolici, ma anche persone comuni, di ogni cultura e religione, avevano sentito il bisogno di fare un gesto di vicinanza al Pontefice argentino, un paziente ricoverato in prognosi riservata.

In questi lunghi anni di Pontificato, Bergoglio, il primo gesuita sul trono di Pietro, aveva affrontato diverse sfide legate alla sua salute, ma la sua forza e la sua fede non erano mai venute meno. “Non dimenticatevi di pregare per me” era diventato un coro di speranza. “La preghiera apre la porta a Dio, trasformando il nostro cuore, tante volte di pietra, in un cuore umano” aveva detto una volta.

Francesco, il papa della gente, venuto dalla fine del mondo, se ne è andato alle 7:35. Si è spento in pace, come ha vissuto: senza clamore, senza pretese, nel silenzio di chi ha già detto tutto con la vita. “Chi sono io per giudicare?” – una frase che resterà scolpita nella storia. Non era solo una risposta: era una rivoluzione. Era l’inizio di una Chiesa che ricomincia dalle periferie, dagli scarti, dai dimenticati.

Il primo pontefice latinoamericano della storia, ha cambiato il volto della Chiesa, rendendola più vicina alle persone, più attenta alle problematiche sociali e più aperta al dialogo interreligioso. Francesco ci ha insegnato a fermarci, ad ascoltare, ad abbracciare. A non giudicare. A chinarsi sugli ultimi come fece Gesù, e a chiamare la Chiesa tutta a farlo con coraggio e senza paura.

Con le sue parole semplici e potenti, ha attraversato muri e confini. Ha toccato carcerati, rifugiati, bambini malati, e ha ricordato a tutti che “la misericordia è il nome di Dio”. Ha lavato i piedi a migranti, stretto le mani ai senzatetto, abbracciato i sofferenti senza paura né distanza.

Mentre le campane del mondo suonano a lutto, milioni di persone si stringono nel dolore di un addio che ha il sapore della gratitudine. Il dolore è profondo, il pianto che si è levato non conosce confini. Da Buenos Aires a Manila, da Kinshasa a Varsavia, da piccole cappelle di montagna fino alle grandi cattedrali, una sola preghiera si alza al cielo: “Grazie, Francesco.”

Le sue ultime volontà parlavano di una sepoltura semplice, “come ogni cristiano”, e così sarà: niente trionfi, solo silenzio, preghiera e l’amore del popolo.

Papa Francesco aveva espresso il desiderio di un funerale sobrio, in linea con la sua vita di umiltà. Aveva chiesto di essere esposto nella bara “con dignità ma come ogni cristiano”, evitando cerimonie eccessive. La sua sepoltura avverrà nella Basilica di Santa Maria Maggiore, un luogo a lui caro.