Il Prefetto gli ritira la patente per diciotto mesi per guida in stato di alterazione psico–fisica dovuta all’assunzione di alcool e droga, ma il Giudice di Pace gliela restituisce. Il motivo alla base della decisione? Manca il consenso dell’automobilista al prelievo del sangue.
Mettersi alla guida ubriachi o sotto effetto di cocaina, eroina o di altre sostanze stupefacenti può essere un pericolo per se stessi e per gli altri. Non si contano più gli incidenti stradali causati da automobilisti “poco lucidi” e anche per questo le pene per chi viene pizzicato al volante “annebbiato” sono state inasprite. Parallelamente, sono aumentati i controlli delle forze dell’ordine per evitare le cosiddette «stragi del sabato sera».
In questo caso, il Giudice di Pace di Lecce, l’avvocato Franco Giustizieri ha restituito il prezioso documento all’automobilista accogliendo le tesi difensive dei suoi legali, Vincenzo e Alfredo Matranga. Insomma, nella sentenza del 29 giugno scorso, la n. 3208, il giudice onorario, ha annullato l’ordinanza prefettizia richiamando la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione perché «il prelievo del sangue ad esclusivi fini processuali è da ritenersi atto di polizia giudiziaria, illegittimo senza il consenso. Come tale non può entrare nel processo, con la semplicità di cui all’art. 234 del Codice di Procedura Penale avendo natura di atto procedimentale».
In particolare, per la Corte Suprema il prelievo ematico viene effettuato dai sanitari esclusivamente a seguito di richiesta della polizia giudiziaria e, pertanto, per il consenso non è sufficiente la mancata opposizione dell’automobilista all’espletamento dell’indagine con procedimento deduttivo viziato dalla assoluta carenza di elementi dai quali desumere, col margine di certezza necessitato dalla inerenza della materia alla sfera dei diritti fondamentali, che siffatto contegno passivo equivale a consenso.
Ora l’automobilista potrà immediatamente rientrare in possesso della propria patente di guida.