Sarebbe dovuto uscire lo scorso Novembre 2020, poi rimandato al 18 Giugno 2021 per via della situazione pandemica, il XXIII Rapporto Almalaurea, sul Profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati, promossa insieme all’Università degli studi di Bergamo e al Ministero dell’Università e della Ricerca.
Uno studio che ha coinvolto un campione di circa 291 mila laureati triennali e magistrali del 2020 e 655 mila compresi tra il 2015 e il 2019, con una prospettiva occupazionale da 1 a 5 anni, che coinvolge l’ultimo trascorso, soprattutto per l’aumento dello smart working.
Calano le assunzioni, aumentano gli stipendi: il rapporto a uno e cinque anni.
Grandi difficoltà si rilevano sotto il punto di vista assunzionale, grazie agli effetti della pandemia. Scende dal 74,1% del 2019, al 69,2% del 2020, la possibilità di impiego lavorativo per i neolaureati triennali, mentre dal 71,7% al 68,1%, quella dei laureati magistrali a un anno.
Meglio, invece, per l’assunzione a cinque anni dei laureati di primo e secondo livello, il cui tasso di occupazione è dell’88,1% per i primi, e dell’87,7% per i secondi, con un decremento dello 0,6% nel primo caso e invece un aumento dello 0,9% per il secondo, rispetto all’anno precedente.
Anche la situazione retributiva registra un buon miglioramento. Si sale, infatti, da uno stipendio medio di 1.205€ del 2019, ai 1.270€ del 2020 per i laureati triennali.
Un incremento di oltre ottanta euro, invece, quelli magistrali, che dai 1.282€ di media negli anni prepandemia, passano ai 1.364€ dello scorso anno.
Così anche per i laureati a cinque anni, che registrano un incremento del loro stipendio da 1.408€ a 1.469€ per i laureati di primo livello, e dai 1.496€ ai 1.556€ per i laureati di secondo.
Assunzioni e smart working: resta il divario nord-sud
Nel 2020, risultano in smart working il 19,1% dei laureati con percorso triennale, e il 37,0% di quello con percorso magistrale, percentuali molto superiori rispetto alle rilevazioni effettuate nel 2019, quando erano pari rispettivamente al 3,1% e al 4,3%.
Si confermano anche le differenze di genere e territoriali.
Dall’analisi condotta risulta come gli uomini hanno il 17,8% di probabilità in piú di essere occupati ad un anno dalla laurea rispetto alle donne.
Stesso discorso per la situazione territoriale, in cui si sottolinea un divario del +30,8% di probabilità di assunzione dei residenti del Nord, rispetto a quelli del Sud.