Torna di attualità la vicenda delle concessioni demaniali marittime, questa volta non per l’annosa questione delle proroghe di quelle esistenti, ma per il regime normativo delle nuove attività e la relativa compatibilità con le esigenze della collettività.
Il Tribunale Amministrativo Regionale di Lecce e, infatti, con la sentenza n. 1317/2021 – Presidente Manca, Relatore Giancaspro – ha rigettato il ricorso proposto contro il diniego di ampliamento della concessione demaniale marittima a servizio di un hotel della località rivierasca, con ciò legittimando l’operato del Comune di Porto Cesareo difeso in giudizio dall’Avvocato Antonio Quinto.
Si tratta di un caso che aveva destato grande interesse nella cittadina perché riguarda la spiaggia interna al centro abitato, quella a ridosso delle abitazioni storiche e tradizionalmente frequentata dai cesarini. La spiaggia è già in parte occupata da una concessione demaniale rilasciata alla struttura ricettiva per la propria clientela e presenta una estensione piuttosto ridotta. Proprio per questo il Comune ha scelto di non consentire l’occupazione di altre porzioni.
I Giudici Leccesi hanno giudicato del tutto corretto il provvedimento incentrato sulla volontà di non incrementare la superficie di demanio destinata a scopo di lucro e di preservare l’area per una fruizione pubblica e gratuita.
In particolare, accogliendo le argomentazioni difensive del legale leccese, hanno evidenziato che, nel caso concreto, vi è una vera e propria vocazione naturale all’esercizio della libera balneazione da parte dei residenti, il che giustifica il sacrificio degli interessi imprenditoriali della società ricorrente.
I fatti
La questione prende le mosse da un’istanza del 2017 con la quale la società proprietaria della struttura alberghiera aveva chiesto agli uffici comunali un ampliamento di circa il 50% della superficie già occupata per incrementare l’arenile a disposizione degli ospiti e per dare uno sbocco a un nuovo bar facente capo alla stessa impresa.
L’ufficio demanio aveva ritenuto non ammissibile la domanda per la necessità di una preliminare procedura di evidenza pubblica in ossequio alla normativa comunitaria che impone l’espletamento di una vera e propria gara per il rilascio delle concessioni. Contro questa determinazione la società aveva proposto ricorso a “Via Rubichi”.
I Giudici avevano rigettato il ricorso, ritenendo condivisibile il rilievo comunale di carattere preliminare sulla impossibilità di rilasciare l’ampliamento senza gara. Successivamente, però, il Consiglio di Stato aveva ribaltato la pronuncia di primo grado, affermando il principio per cui l’obbligo della gara pubblica non si applica ai semplici ampliamenti, ma solo alle nuove concessioni.
La questione era quindi ritornata al Comune che, all’esito di una rinnovata istruttoria, aveva confermato il diniego, questa volta rappresentando la incompatibilità sostanziale dell’ampliamento rispetto alle esigenze della collettività ed alla volontà generale di preservare l’uso pubblico di quel tratto di costa. Avverso il nuovo provvedimento negativo la società ha proposto l’ulteriore ricorso al Tar.
È in questo contesto che è intervenuta la pronuncia dei Giudici Amministrativi di rigetto definitivo del ricorso e di conferma della scelta di non consentire l’occupazione di nuovi spazi di demanio nell’insenatura.
“La sentenza è di particolare importanza – ha commentato Quinto – perché stabilisce dei principi valevoli per tutti i Comuni costieri. In particolare, si chiarisce che i tratti di costa localizzati a ridosso dei centri abitati possono essere legittimamente riservati alla pubblica fruizione, peraltro in aderenza alle indicazioni contenute al riguardo nel Piano Regionale delle Coste ed in coerenza con la natura di beni destinati a soddisfare innanzitutto gli interessi della collettività. Va, poi, escluso che vi sia una corsia privilegiata per i titolari di concessione ad ottenere l’ampliamento della concessione stessa; e ciò in quanto la prospettiva di incremento dell’area concessa giustifica sempre una nuova e diversa valutazione rispetto all’esistente in funzione della tutela delle primarie esigenze connesse alla libera balneazione; con l’ulteriore precisazione che non può essere sindacata in sede giurisdizionale l’opportunità di riservare una superficie inferiore rispetto a quella ritenuta necessaria dall’Amministrazione.