Lasciano qualche perplessità le indicazioni fornite agli agenti di polizia penitenziaria nelle scorse ore in piena “emergenza coronavirus“. Non si ha notizia, al momento, di contagi nelle carceri italiane, tantomeno in quelle locali. Ma lo scenario, seppure ipotetico, non sembra essere dei migliori: un caso di contagio in prigione getterebbe nel caos la struttura intera che, con buone probabilità, andrebbe messa in quarantena. Ed è per questo che non si è fatta attendere la richiesta di “sospendere provvisoriamente i colloqui tra detenuti e familiari”.
Spetterebbe agli agenti, dunque, di misurare le temperature di tutti coloro che entrano in carcere, familiari dei detenuti inclusi. A denunciare e stigmatizzare la disposizione è Leo Beneduci, segretario generale di Osapp, che si schiera contro la decisione di far misurare “la temperatura corporea a tutto il personale di Polizia penitenziaria, del Comparto Ministeri e personale dipendente della Asl ed infermieristico al momento dell’ingresso nell’istituto penitenziario con una spuntatura in apposito elenco da effettuarsi per una sola volta”.
“In pratica un agente di Polizia penitenziaria – sottolinea nella nota il segretario generale OSAPP, Leo Beneduci – dovrebbe misurare, non si sa come, le temperature di tutti coloro che accedono all’istituto penitenziario, compresi i medici e gli infermieri”. Tale pratica, continua, “sembrerebbe assolutamente indebita, in quanto propria di personale sanitario e non di polizia”.
“Per questo chiediamo che questa pratica, che temiamo possa essere estesa anche ai familiari dei detenuti, sia abolita. Mentre il ministro Bonafede ha disposto specifici interventi per il sistema giudiziario e per le aule di giustizia, non altrettanto è stato fatto per le carceri dove decine di migliaia di persone stanno rischiando”.