Puntuale alla fine dell’estate, arriva la festa della Madonna dell’Uragano a Cocumola. Un appuntamento tra sacro e profano atteso non solo nella piccola frazione di Minervino di Lecce che ogni anno, la seconda domenica di settembre, vuole ricordare il prodigio di cui fu protagonista la Santa Vergine che salvò il piccolo paesino da una violenta tempesta. Era un giorno come tanti, quando un soffio del vento bastò a far capire che qualcosa stava per accadere. Era un ‘refolo’ diverso, che non lasciava presagire nulla di buono. Le campagne avevano da poco segnato l’una per la marenna in quel 10 settembre dell’anno del Signore 1832.
La leggenda della Madonna dell’Uragano
Secondo un’antica tradizione, fu la Madonna a salvare Cocumola da quello “scarcagnulo”, una tromba d’aria che avrebbe lasciato dietro di sé solo morte e devastazione. Ci fu, stando ai racconti tramandati di generazione in generazione, un testimone del miracolo. Un pittore stava dipingendo un quadro per conto del parroco locale nella chiesetta all’epoca dedicata alla Madonna Assunta e mentre stava intingendo i pennelli in una ciotola nella quale aveva preparato un po’ di colore notò un raggio di sole che attraversava la finestra. Seguì la luce con lo sguardo e si accorse che c’era una donna con le braccia aperte, come se volesse abbracciare il paesino in quel momento difficile. Aveva già visto quel volto, era simile a quello della statua della Madonna posta vicino l’altare. Quelle braccia spalancate con amorevole tranquillità avevano protetto gli abitanti che, spaventati, avevano cercato un rifugio sicuro per scampare alla tempesta. Una volta passata, tutti i cittadini del paese corsero in Chiesa per ringraziare la Madonna che li aveva risparmiati. E così fanno ancora, da allora.
Il manoscritto
Particolarmente interessante risulta il manoscritto tramandato nel tempo che racconta lo svolgimento dei mirabili avvenimenti in quel 10 settembre 1832 che Leccenews24 propone nella versione originale. L’autore di quel manoscritto fu Nicola Guglielmo, vera memoria storica del paese.
“Era il 10 di settembre del 1832 la giornata a prima mattina era limpida come se fosse primavera, i giovani contadini se ne erano andati in campagna, per i lavori di stagione, quando verso le nove in direzione sud’ovest e precisamente in direzione di Tricase si incominciano a vedere grassi nuvoli a prima vista si pensava che fossero nuvole passeggere, ma fu tutto all’inverso, man mano che passava il tempo le nuvole si concentravano una su l’altra, il vento incominciava ad essere forte, incominciava a lampeggiare a tuonare, il cielo si oscurava minuto per minuto, il lampeggiare e il fragore dei tuoni incominciava a mettere paura tra la gente, i contadini che erano in campagna cercavano di ritirarsi a casa, le donne non sapevano cosa fare, le madri cercavano i propri figli e guardavano in direzione da dove potesse arrivare il marito o i figli maggiori perché il tempo peggiorava sempre, il vento era forte e gagliardo il lampeggiare e il rumore dei tuoni stordiva la gente che incominciava a gridare è uragano ed effettivamente era uragano, partiva da verso Tricase, era così forte che da dove passava portava distruzione, la maggior parte della gente di Cocumola si recò in chiesa per pregare la Madonna, perché erano sicuri che uomini mortali nulla potevano fare contro la furia dell’uragano”.
“E l’uragano arrivò proprio su Cocumola, sradigò un grosso albero di mandorlo che era a fianco alla chiesa e lo disperse, la tradizione dice che in Chiesa cera un pittore per dipingere il quadro dell’anime sante, e i nostri padri ci dicevano che aveva vista la Madonna a braccie aperte vicino al finestrone frontale della chiesa che deviava l’uragano, come pare tre contadini di Cocumola che si trovavano in un fondo tra Cocumola e Cerfignano si erano riparati in un pagliaglio rurale il pagliaglio fu distrutto e quelli tre giovani rimasero illesi, l’uragano era già passato, la Madonna aveva salvato Cocumola e tutti i suoi figli, passata la paura ogni uomo cerco di ritirarsi a casa, ma una mamma arrivata a casa non trovò il suo figlio Vito Antonio che era andato in campagna con le sue pecorelle che al passaggio dell’uragano le aveva disperse tutte, il ragazzo al momento della furia si era riparato dietro un grosso sasso, finita la tempesta il ragazzo se ne tornava a casa pieno di paura, pieno di fango e tutto bagnato, la incontra sua madre ma non lo conobbe, la mamma lo domandò ai visto il mio Vitantonio, il ragazzo rispose, mamma non mi conosci sono tuo figlio mi a salvato la Madonna”.
Il testo, riportato nella lingua popolare di quel tempo, con i suoi vizi ortografici, custodisce un’antica sapienza che si rinnova anno dopo anno in un cammino di fede che sa fare comunità.
I festeggiamenti mobilitano l’intero circondario a testimonianza di una tradizione resistente e di una devozione diffusa. Appuntamento, quindi, a Cocumola, la seconda domenica di settembre.