Minuto quarantadue, rimessa laterale, Eriksen va all’appoggio ma sbaglia lo stop e improvvisamente si accascia al suolo per un malore. La prontezza di intervento dei medici, il defibrillatore e l’immediata rianimazione sul posto. Poi la bombola d’ossigeno, i sanitari escono dalla parte laterale del campo, la foto del giocatore cosciente: il dramma è stato sfiorato in Danimarca-Finlandia, agli Europei 2020.
Christian Eriksen, ventottanni compiuti lo scorso Febbraio, fresco vincitore del campionato di Serie A italiana 2021 e campione della nazionale di calcio danese, rimane ricoverato all’ospedale di Copenaghen per ulteriori accertamenti, le cause che hanno scatenato l’arresto cardiaco dichiarate poco dopo dai dottori sono ancora tutte da valutare.
“Christian se n’era andato, era praticamente morto”, le parole da brividi del capo medico della nazionale danese Martin Boensen, che continua “non so come abbiamo fatto a rimetterlo al mondo, è accaduto tutto in maniera veloce.”
“È accaduto tutto in maniera veloce”, su un campo di livello internazionale in una gara di livello internazionale quale la prima del girone B degli europei di calcio, con gli occhi del mondo a seguire l’ingresso in campo dei sanitari e i volti in lacrime, le preghiere.
Il gioco del calcio è lo sport tra i più belli, ma a volte più crudi della nostra realtà, un evento del genere, che richiama anche altri già successi, da Antognoni a Manfredonia, dalla (ahimè) tragedia Morosini all’incredibile caso Muamba, non può far altro che riflettere a trecentosessanta gradi, sulle condizioni in cui esso versa ad ogni livello.
Una riflessione dura e un po’ scomoda, ma che va affrontata, quella cioè sulle condizioni dei giocatori e dei campi dilettantistici di provincia, quelli delle serie minori. Un settore già troppo in crisi dopo la pandemia da Covid19, che attraverso le misure di sicurezza e i protocolli da rispettare ha evidenziato i limiti organizzativi e strutturali, e che oggi si interroga insieme alle tante società partecipanti, se valga la pena continuare senza un minimo di considerazione a partire dalle istituzioni, per quanto riguarda l’assistenza economica e soprattutto quella sanitaria fuori e a bordo campo.
Troppo spesso gente che per l’esclusivo amore della sfera rotonda improvvisa un ruolo da massaggiatore, con ghiaccio spray in un palmo della mano e una borraccia d’acqua nell’altro, è lasciata sola senza un supporto medico realmente professionale al suo fianco.
Il livello sarà pure più basso è vero, questo perché la stessa gente che calca quei terreni la Domenica, consuma dieci ore di lavoro al giorno durante la settimana, ma gli scontri di gioco e il rischio infortuni resta lo stesso dei grandi campi da gioco.
Cultura dell’emergenza e di primo soccorso: la fondazione Castelli e la legge Balduzzi.
Era il 24 Febbraio 2006 e sul campo di Tor Sapienza, una zona della capitale romana, perdeva la vita a causa di un arresto cardiaco Giorgio Castelli, un ragazzo di appena diciassette anni che si allenava insieme ai compagni di squadra in vista della consueta sfida domenicale. Da quel terribile evento, il padre del ragazzo Vincenzo Castelli, noto medico ospedaliero romano insieme alla moglie e ai due fratelli, decide di dar vita alla Onlus che porterà il nome del giovane.
“È successo ancora: le drammatiche immagini provenienti dallo stadio danese hanno riproposto al centro dell’attenzione la sicurezza della pratica sportiva” scrive la fondazione nel suo blog.
In prima fila nella lotta contro la morte cardiaca improvvisa e la diffusione della cultura dell’emergenza di primo soccorso e dei defibrillatori negli impianti sportivi, l’attività propone corsi gratuiti di BLSD (Basic Life Support & Defibrillation) con la quale ha già formato migliaia e migliaia di operatori specializzati e donato ad altrettante società sportive e ai loro impianti, centinaia di dispositivi defibrillatori semiautomatici e non.
Se nei campi di serie A succede anche ai grandi campioni, vedi inoltre i casi di Biabiany, di Lichtsteiner e Cassano più recenti rispetto ai sopracitati e antecedenti a quello di Eriksen, costantemente monitorati da medici ed esperti e da continue analisi per l’attività agonistica e il più delle volte e fortunatamente presi in tempo con un’equipe vigile nel caso di eventi improvvisi, lo stesso discorso non si può dire nelle realtà minori, dove non c’è l’immediatezza di intervento per usare un eufemismo.
Il decreto legge del 13 Novembre 2012, numero 153, conosciuto come il decreto legge Balduzzi, sotto il governo Monti e firmato dall’allora Presidente della Repubblica, Napolitano, ha provato a dare uno scossone anche al mondo di chi pratica sport a livello dilettantistico, del calcio e non solo, ma la legge è andata incontro a continue proroghe spesso e soprattutto, a causa degli elevati costi di mantenimento delle attrezzature e dei professionisti, oltre che delle pratiche di controllo personale del singolo sportivo.
“Per salvare più vite è necessario avere, oltre alla passione ed alla buona volontà dei singoli, supporti legislativi e mediatici” continuano ancora dalla Fondazione, che nel corso del tempo ha visto anche la collaborazione di promozione della sua attività da parte di Francesco Totti, Gianni Rivera e Alessandro Florenzi nel mondo del calcio, ma anche di altri volti noti dello spettacolo perché molto ancora c’è da fare e speriamo lo si faccia presto.