Non sempre malasanità. La bella storia di Alice, curata con l’amore dal personale del Fazzi


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Quando un paziente arriva in Ospedale non sempre c’è solo una malattia da curare o una diagnosi con cui fare i conti. Spesso ci si dimentica che su quel letto c’è una persona che non ha solo bisogno di farmaci o di termini medici, ma di amore, comprensione o semplicemente di una mano da stringere. Per questo è bello raccontare la storia di Alice, nome di fantasia, una 39enne giunta al “Vito Fazzi” con un bagaglio complicato e un passato che non è stato scritto, nero su bianco, sulla cartella del ricovero. A raccontarla è Don Gianni Mattia, il cappellano dell’Ospedale di Lecce che ha voluto condividere sulla sua pagina Facebook quanto accaduto in uno dei reparti del nosocomio del capoluogo di Lecce.

Una disabilità, qualche problema fisico, ma a preoccupare il personale sanitario che deve prendersi cura di Alice non è il suo quadro clinico, ma il comportamento. La 39enne non mangia, non  vuole toccare cibo, si rifiuta di stare nel letto, si agita spesso tanto che sembra quasi impossibile interagire con lei. «Alice è una giovane donna che sembra più giovane della sua età» scrive Don Gianni che con parole toccanti e delicate spiega come il personale sanitario sia riuscito a superare la barriera che la giovane donna aveva alzato, forse per proteggersi. Alla fine, riescono a capire cosa la turba, cosa nasconde dentro quel cuore che, una volta trovata la chiave, si è rivelato immenso.

«Alice comincia a sentirsi amata, coccolata, accarezzata. Il personale sanitario ha capito che dietro questi suoi atteggiamenti ci sono problemi relazionali, drammi vissuti. Alice comincia a cambiare,  vede nel personale sanitario degli amici. Le comprano piccole cose per l’igiene personale. Acquistano un beauty case, lei è felicissima, le danno da mangiare, cercano di farla sentire in famiglia, le danno una mano nell’igiene. Alice diventa una di famiglia. Le chiamano anche la parrucchiera. Comprano piccoli gioielli di poco conto, ma per lei diventano preziosi. I suoi occhi parlano. Lei appena vede il personale apre le braccia, vuole essere abbracciata, vuole sentirsi amata, considerata e sostenuta. Il personale la considera la mascotte del reparto, la sua stanza diventa un “nido” familiare».

Piano, piano. Passo dopo passo Alice cambia. Ora disegna e scrive, una conquista visto che prima non riusciva nemmeno a prendere la penna in mano. Alice ora è nel cuore di tutti. Oss, infermieri, medici, personale delle pulizie guardano a lei, integrata, felice, ora recuperata e piena di vitalità ed energia. Sembra un’altra ragazza, non è più una paziente, ma una figlia, una sorella, un’amica per tutti.

«Alice, dovrà andare in una struttura, non potrà restare nel reparto, ma il personale sanitario mi ha insegnato quanto l’Amore può fare veramente miracoli in una persona. Il miracolo più vero lo ha fatto il personale perché si è fatto Amore per Alice» conclude Don Gianni.

Quella di Alice è una storia semplice, ma anche nelle piccole cose possono nascondersi grandi insegnamenti. La storia di Alice che ora sorride grazie alle persone che le hanno teso la mano ha insegnato che l’amore può spostare una montagna, anche se la montagna è piena di dolore.