
Come se non fosse stata sufficiente la grandezza della sua vicenda storica, ci si è messo anche il poeta Alessandro Manzoni a tratteggiare d’eternità la memoria di Napoleone. L’opera letteraria “5 maggio” è un campanello che suona puntuale quando arriva il giorno di oggi.
Napoleone Buonaparte, così si chiamava (la u la tolse successivamente per alleggerirsi dai retaggi italici), era francese solo per una questione di tempo, anzi di giorni. Se fosse nato relativamente prima, sarebbe stato un italiano. Ma il sangue italiano ce l’aveva comunque anche se, in vita, il generale non fece nulla per mantenere una relazione degna di questo nome col popolo italico. La Corsica, terra patria di Napoleone, era infatti un possedimento italiano ceduto alla Francia dalla Repubblica di Genova per compensare debiti non onorati. Una garanzia internazionale che impedì a Napoleone di nascere in territorio italiano.
Tutta la vita di Napoleone si giocò sul complesso della sua italianità mancata. Come avviene per i più grandi, l’epopea napoleonica ha immortalato un personaggio che nell’immaginario collettivo degli anni a venire è stato considerato una leggenda. Del resto uno che a 25 anni era già generale e a 30 governava l’intera Francia era davvero un predestinato.
Tuttavia, così come fu breve la scalata al potere, così fu rapida la discesa. All’età di 35 anni Napoleone, dopo aver utilizzato a suo vantaggio le vicende rocambolesche della Rivoluzione francese e aver conquistato militarmente l’Italia, venne incoronato imperatore di Francia e Re d’Italia. La celebrazione nella cattedrale di Notre Dame a Parigi, racconta la tradizione, lo vide protagonista di un gesto assolutista che mai nessuno prima, e nessuno dopo, aveva e avrebbe compiuto: il dittatore si pose la corona in testa con le proprie mani.
Dieci anni di gloria, e di delirio di onnipotenza, che valsero a Napoleone un posto d’onore sul palcoscenico della Storia mondiale. Fu solo per i soliti indomiti inglesi che a Napoleone non riuscì la conquista nell’intera Europa e così, dopo alterne vicende cariche di dramma, si giunse al confino dell’Isola d’Elba prima, dalla quale fuggirà, e all’esilio di Sant’Elena dove finirà i suoi giorni, il luogo celebrato nel canto manzoniano, l’isola sulla quale sarebbe morto il 5 maggio del 1821, all’età di 51 anni.
Morì alla vita, ma per la Storia sarebbe rimasto immortale.