20enne deceduto dopo incidente in bici. Automobilista sotto processo per omicidio stradale 

Il gup Giulia Proto, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio l’imputato che risponde di omicidio stradale aggravato.

Finisce sotto processo l’automobilista che il primo agosto 2021, a Gallipoli, investì e uccise il ventenne modenese Matteo Cassola che stava tornando a casa in bicicletta, dopo aver festeggiato in un locale insieme ad alcuni amici.

Nella giornata odierna il gup Giulia Proto, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio l’imputato che risponde di omicidio stradale aggravato.

La prima udienza del processo (durante il quale verrà vagliata l’accusa), si svolgerà il 22 gennaio 2024, davanti al giudice Fabrizio Malagnino del Tribunale di Lecce. La famiglia del ragazzo è assistita da Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato nella tutela dei familiari delle vittime della strada.

Come riferisce in una nota Giuseppe Vacca, responsabile della sede di Giesse a Francavilla: «Nell’udienza precedente l’avvocato della difesa, in accordo con il pubblico ministero, aveva proposto un patteggiamento sulla base di un presunto concorso di colpa della vittima – spiega Giuseppe Vacca, responsabile della sede di Giesse a Francavilla – Patteggiamento che il giudice, però, grazie anche alle obiezioni sollevato dal nostro legale fiduciario, aveva rifiutato. Era stato appurato in sede di sopralluogo e di operazioni peritali, infatti, che entrambi i velocipedi fosse dotati di catadiottri rossi sul parafango posteriore e di quelli gialli sui pedali che, di fatto, ne consentivano la rilevazione e l’avvistamento, come peraltro affermato dallo stesso ctu».

Nella relazione dell’ingegnere Vernaleone, consulente del pm, si legge che i catarifrangenti posteriori e dei pedali, presenti sulle bici dei due amici, avrebbero consentito in ogni caso l’avvistamento a sufficiente distanza dei ciclisti (illuminati anche dai fari anabbaglianti dell’auto e dall’insegna “First” del ristorante da cui erano appena usciti). I ragazzi, inoltre, erano appena partiti in fila indiana dallo spiazzo davanti al ristorante e non si trovavano nemmeno sulla carreggiata.

 «Le cause dell’incidente – continua Vacca, di Giesse – non sono da ricercare nell’illuminazione dei velocipedi evidentemente, ma nel fatto che l’automobilista guidava a una velocità di circa 105 chilometri orari, di gran lunga superiore al limite consentito su quel tratto (50 km/h) e con un tasso alcolemico nel sangue pari a 1,24 g/l. Se avesse rispettato il Codice della strada, con ogni probabilità, il ragazzo sarebbe ancora vivo. Attendiamo ora l’inizio del processo».



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