​Riti di iniziazione per essere ‘mafiosi’. Smantellato lo storico clan Coluccia


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Tocca fare un passo indietro di almeno dieci anni per capire come agiva lo storico clan Coluccia che con i suoi ‘fedeli’ affiliati teneva in pugno Galatina e l’intero Salento utilizzando la violenza, il terrore e le armi, sempre pronte a sparare. Un ritorno al passato dimostrato anche dai riti di iniziazione a cui chi voleva farne parte doveva sottoporsi.
  
Una mafia vecchio stampo decisa a tenere sotto controllo il territorio con la repressione anche rinunciando a quel ‘consenso sociale’ conquistato, con enormi sforzi, dai criminali “amici della gente” che elargivano favori e prestiti, che trovano lavoro a chi era in difficoltà e si occupavano del sociale allungando le mani su squadre di calcio e associazioni. L’unico radicamento cercato e voluto dall’associazione che aveva fatto del terrore il suo carattere distintivo era quello nel tessuto sociale politico del territorio, dove avevano costruito la loro base operativa: il comune di Sogliano Cavour.
  
Lo dimostra il fatto che nell’imponente operazione portata a termine questa notte dalle forze dell’ordine figura anche il nome di un ex assessore alle politiche sociali, Luciano Biagio Magnolo, al quale sono stati concessi i domiciliari e di un vigile urbano della cittadina. L’assessore è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver versato somme di denaro per il sostentamento dei capi detenuti o promesso posti di lavoro agli affiliati del clan in carcere, permettendogli così di ottenere dei benefici.
  
Non solo, come hanno permesso di accertare il fiume di intercettazioni telefoniche e ambientali, infatti, molte delle attività illecite del clan sono state possibili grazie al favoreggiamento se non alla vera e propria collaborazione da parte di commercianti e imprenditori del posto che, riconoscendo al gruppo di Vincenzo Antonio Cianci capacità delinquenziali non comuni, hanno acconsentito a soddisfare richieste assurde, azioni penalmente rilevanti, come nel caso del titolare di una tabaccheria che aveva nascosto le armi del clan, o del proprietario di un albergo in cui i “soglianesi” avevano tenuto nascosto il latitante Daniele De Matteis.
  
Il core business del clan
La segretezza del vincolo, un costante stato di omertà e solidarietà, la forza dell’intimidazione, il rispetto per il vincolo gerarchico, il mantenimento dei detenuti ristretti al 41bis e delle loro famiglie grazie ad una vera e propria «raccolta fondi» sono tutti aspetti documentati nell’attività d’indagine condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Maglie e dai militari del Comando Provinciale di Lecce che hanno dato esecuzione a 47 provvedimenti cautelari. Il gruppo aveva le mani praticamente ovunque: dal traffico di droga alle estorsioni, senza dimenticare le rapine e le truffe ‘geniali’. Gestione della droga a parte, la vera specialità era il cosiddetto «cavallo di ritorno»: rubavano le auto, le nascondevano in un casolare di un ignaro contadino e infine chiedevano il “riscatto”. Facevano ritrovare ‘per caso’ il mezzo solo a chi pagava, altrimenti lo smantellavano e rivendevano i pezzi perché il “gruppo di Sogliano” doveva guadagnare sempre.
  
Almeno 10 i casi accertati e un numero indefinito di altri rimasti nell’ombra perché nessuno li ha mai denunciati. Nessuna delle vittime delle estorsioni consumate ha mai sporto e tutte le persone che sono state convocate nel tempo dalle forze dell’ordine hanno mentito sulle circostanze e le modalità del rinvenimento del veicolo.
  
Il traffico di droga
Il traffico di sostanze stupefacenti veniva gestito con un’organizzazione verticale. Ciascun gruppo affiliato al clan pagava la piazza e non poteva “sforare”. Anche per quanto riguarda le fonti di approvvigionamento erano tutte stabilite dall’alto. Erano quelle e basta.  
  
Dei 47 provvedimenti cautelari 20 sono in carcere, 17 arresti domiciliari, 7 misure coercitive dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria e 3 interdizioni temporanee dai pubblici uffici nei confronti di un militare dell’Arma, un’agente della Polizia Penitenziaria a Borgo San Nicola ed un agente della Polizia Municipale di Sogliano Cavour indagati, a vario titolo, per i reati di “associazione di tipo mafioso”, “estorsione”, “associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti”, “detenzione abusiva di armi”, “ricettazione”, “rapina”, “furto aggravato”, “porto abusivo di armi”, “detenzione e spaccio di stupefacenti”, ”abuso d’ufficio”, “usura”, “favoreggiamento personale”, “falsità ideologica commessa da P.U.”, “corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio”, “rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio”, “truffa”, “minaccia aggravata” e “lesioni personali” con l’aggravante delle modalità mafiose di cui all’art. 7 L. 203/91.

Gli indagati sono assistiti dagli avvocati Dimitry Conte, Luigi, Alberto ed Arcangelo Corvaglia, Francesca Conte, Silvio Giardiniero, Maria Luisa Greco.