​Un’agente innamorata di un boss, un vigile urbano e un carabiniere ‘infedele’. Tutti sospesi perché vicini al clan


Condividi su

Tra i volti dell’imponente operazione denominata «Contatto» che ha permesso di smantellare lo storico clan Coluccia che da Galatina era riuscito a suon di violenze, minacce e intimidazioni, ad estendere i loro “affari” nel basso Salento ci sono anche quelli di un’agente della Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere di Lecce, di un appuntato scelto dei Carabinieri e di un vigile urbano del comune di Sogliano Cavour raggiunti dalla misura interdittiva della sospensione temporanea dal pubblico ufficio. Una cosa avevano in comune i tre, una “divisa” che avrebbero dovuto onorare, ma che invece è stata macchiata dai rapporti più o meno stretti intessuti con il gruppo criminale.
  
L’accusa principale per l’agente di polizia penitenziaria, Laura Gemma è quella di non aver parlato. «Ometteva pur avendo l’obbligo giuridico, nella sua qualità di pubblico ufficiale, sia di denunciare quanto era a conoscenza, sia di intervenire per interrompere le attività illecite dell’associazione» si legge nell’ordinanza. La donna si era innamorata di Vincenzo Antonio Cianci all’interno del penitenziario di Genova, dove l’uomo era rinchiuso. Un amore che l’aveva spinta a chiedere e ottenere il trasferimento a Borgo San Nicola, quando il suo uomo aveva lasciato la Liguria. Ma ci sono stati casi, come accertato nelle indagini, in cui legame è andato oltre come dimostrerebbe il suo coinvolgimento in prima persona in alcuni ‘crimini’ (come dei furti di gasolio) dove svolgeva la funzione di palo.
  
Non solo, probabilmente per vivere quell’amore la donna era solita assentarsi dal lavoro, giustificando l’assenza per motivi di salute. A volte, programmava anche con largo anticipo i giorni in cui sarebbe stata ‘malata’, stranamente in concomitanza con le visite del ‘fidanzato’.
  
Una conversazione in particolare dimostrerebbe come l’assenza dal lavoro sia stata programmata per rimanere altri giorni insieme al compagno, tanto che i due ne approfittano per imbiancare casa, facendosi aiutare da un amico:
  
Antonio: Parti?
Laura: Antonio se mi accompagni non è che mi dispiace
Antonio: (non udibile)
Laura: E io ho il volo, poi Antonio con che cosa parto?
Antonio: ti porto io in macchina
Laura: eh, va  bene va
Antonio: vuoi rimanere un poco con l’amore tuo o no?
Laura:  Ma un poco che cosa significa, Antonio. Io è da un mese che non vado su.
  
Il giorno il cui Gemma sarebbe dovuta rientrare in servizio a Genova, comunica telefonicamente alla sua sede di servizio la richiesta di un altro giorno di malattia. I due erano in auto a Milano, invece, come dimostra una conversazione ambientale che evidenzia la preoccupazione dei fidanzati di poter essere fermati da una pattuglia della polizia in quanto erano in possesso di sostanza stupefacente. Nella stessa conversazione emerge la decisione della donna di prendersi un’altra pausa dal lavoro consapevole che stava ‘rischiando’: «Io sto dichiarando il falso, sul lavoro mio queste cose non sono coglionate» aveva sbottato.
 
E una volta ha persino rischiato grosso: quando il medico giunto per visita fiscale ha bussato alla porta dell’abitazione dove doveva essere reperibile, non ha trovato nessuno. Così, la donna aveva al compagno di procurarle uno scontrino fiscale della farmacia con la quale dimostrare che, a quell’ora, era uscita per acquistare delle medicine.
 
L’agente di polizia municipale di Sogliano Cavour, Luigi Antonaci è accusato di aver aiutato il gruppo nelle estorsioni con il cavallo di ritorno. Il 28 febbraio 2014, per esempio, aveva chiamato il 112 fingendo di aver ‘ritrovato’ per caso l’auto di un poveretto che aveva pagato il “pizzo”.  Quando fu convocato dai carabinieri, per raccontare l’accaduto, non solo era caduto spesso in contraddizione ma si era rifiutato di verbalizzare la dichiarazione per “la volontà di non entrare in contrasto con la cittadinanza”.
  
Ma non è l’unica accusa mossa al vigile. Antonaci ha rivelato notizie che dovevano rimanere segrete, violando i suoi doveri come pubblico ufficiale. Sotto i riflettori, il comportamento assunto quando i carabinieri del Norm di Maglie gli hanno chiesto una mano per individuare l’abitazione di un boss che dovevano perquisire. Di buona lena si era recato a casa di Cianci per informarlo di possibili indagini nei suoi confronti aiutando in questo modo l’associazione di stampo mafioso che non aveva nascosto il desiderio di controllare anche le forze dell’ordine locali.  
 
Piero Tramacere, carabiniere in una stazione del basso Salento, pur non facendo parte dell’associazione, ha collaborato con il clan, impegnandosi direttamente con i vertici dell’associazione a “presentare” i militari che erano stati trasferiti da poco in caserma. La conoscenza vis a vis serviva ad evitare i controlli e le eventuali sanzioni. Lui stesso aveva evitato di sequestrare le auto dei boss, prive di assicurazione. 
  
Non solo, avrebbe ‘informato’ il gruppo di Sogliano delle indagini in corso. Un caso, in particolare, è emerso durante le intercettazioni: il militare aveva ‘raccontato’ ai colleghi di Soleto di aver ritrovato per puro caso l’auto della sorella rubata. In realtà, la Punto era stata recuperata da Vincenzo Antonio Cianci e Massimo Candido, da lui sollecitati.