Hanno preso il via gli accertamenti medico-legali per far luce sulla morte di una 80enne all’ospedale Vito Fazzi di Lecce, deceduta presumibilmente per una reazione allergica, successivamente alla somministrazione di un farmaco per la scintigrafia ossea. Va detto che nelle scorse ore, la Procura ha aperto un’inchiesta, dopo la denuncia dei familiari della vittima. E come atto dovuto in vista dell’autopsia, sono stati iscritti nel registro degli indagati, i nominativi di sei persone che hanno avuto in cura la paziente. Si tratta del medico di turno e il collega in servizio in reparto, oltre ad un’infermiera professionale e ad un’operatrice socio-sanitaria. E poi, anche il tecnico di radiologia e il collega che ha preparato il farmaco. Rispondono dell’ipotesi di reato di responsabilità colposa per morte in ambito sanitario.
In giornata, il medico legale Roberto Vaglio, nominato dalla Procura assieme all’anestesista rianimatore Salvatore Silvio Colonna, ha eseguito l’esame autoptico, dopo il conferimento dell’incarico da parte del pm Maria Consolata Moschettini. Gli esiti si conosceranno entro i prossimi 90 giorni.
Intanto, i legali degli indagati hanno nominato i propri consulenti di parte.
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati: Sergio Annesi, Ladislao Massari, Fabio Accogli, Simone Viva, Luigi Greco, Tania Rizzo.
Le indagini, come detto, hanno preso il via, dopo la denuncia presentata dai famigliari di una 80enne, originaria di Castrignano de’ Greci, deceduta nell’ospedale leccese il 21 luglio scorso. Sono assistiti dall’avvocato Donato Amato e hanno a loro volta nominato un consulente di parte per l’autopsia.
In base a quanto ricostruito finora, dopo la somministrazione, presso il reparto di medicina nucleare, del farmaco radioattivo, necessario per effettuare la scintigrafia ossea, la paziente aveva accusato i primi segni di sofferenza respiratoria.
La donna è stata, dunque, accompagnata al pronto soccorso del “Fazzi” dai propri famigliari. Ma nonostante le manovre respiratorie, l’80enne è morta alle 14.26.
In particolare, il pm nella contestazione provvisoria, afferma: «I sanitari tutti non sorvegliavano adeguatamente la paziente dopo la somministrazione del farmaco radioattivo e non apprestavano (o non sollecitavano l’immediato intervento del medico affinché intervenisse con urgenza), le adeguate cure dopo le prime manifestazioni dei segni di sofferenza». Non solo, poiché secondo la Procura, scambiavano quei segnali per “crisi d’ansia”.
Si attendono gli sviluppi dell’inchiesta.