Al Cantiere di San Basilio si lavora per non far morire gli ulivi ‘abbandonati’


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Nel cantiere di San Basilio è tonato il ‘rumore’ dei mezzi della Trans Adriatic Pipeline, la società che ha deciso di far approdare lì e non altrove il tanto contestato gasdotto che porterà in Europa il gas dell’Azerbaijan. Sette paesi e per 3500 chilometri per garantire una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento.
  
Gli operai si sono rimboccati le maniche per mettere in sicurezza gli ulivi frettolosamente abbandonati quel giorno in cui per manifestare contro l’opera considerata “strategica” scesero in campo anche i bambini che, con le loro piccole mani, hanno impedito ai camion di spostare le piante al sito di stoccaggio di “Masseria del Capitano”, dove hanno trovato casa già 157 ulivi (su 211).
  
Nessun espianto, quindi. Tap non può toccare gli ulivi almeno fino al 19 aprile quando il Tar del Lazio si pronuncerà su quel ‘cavillo’ che tanto ha fatto discutere in questi mesi della ormai nota prescrizione A44 che riguarda proprio lo spostamento delle piante.
  
Solo interventi necessari per impedire agli ulivi di morire. Così, di comune accordo tra la multinazionale, Comune di Melendugno e Prefettura di Lecce gli alberi saranno sistemati in grandi vasi che resteranno all’interno del cantiere. Altre 12 piante 'zollate' (preparate all’espianto) che si trovano ancora nella terra, verranno semplicemente messe in sicurezza al loro posto. E proprio per consentire lo svolgimento dei lavori, nelle scorse ore, sono state riaperte le strade interpoderali bloccate dalle ‘barricate’.
  
Intanto, Trans Adriatic Pipeline ha concluso la conta dei danni che avrebbe subito nottetempo dai “facinorosi”. Con il dossier fotografico in mano, il country manager Italia, Michele Mario Elia, si recherà in Procura per presentare un esposto.