Distrutta dalle fiamme la casa di due persone agli arresti: paura a Taurisano


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Ci avevano già provato ma il tentativo fallì. Adesso, a distanza di pochi giorni, però, ci hanno riprovato e questa volta il tentativo è andato a buon fine. E sono riusciti a fuggire anche questa volta. Ci troviamo a Taurisano dove nella notte è stato appiccato un incendio in via Giuseppe Mazzini. Ad essere presa di mira è stata l’abitazione di Francesco Preite e Sergio Caputo, rispettivamente di 45 e 50 anni, il quali si trovano rinchiusi nel carcere di ‘Borgo San Nicola di Lecce’, per aver dato alle fiamme, a loro volta, l’appartamento della sorella del 45enne lo scorso 23 dicembre, nel cuore di via Vittorio Emanuele III.

Come detto, l’attentato incendiario non è una novità: nel penultimo giorno del 2015, infatti, la casa dei due era stata danneggiata lievemente da un rogo. Ma questa volta il danno è ben più notevole: tutto l’immobile, con relativi arredi, è andato completamente distrutto.  Considerato che l’appartamento si trova disabitato, quindi, a lanciare l’allarme sono stati alcuni residenti di via Mazzini che, resisi conto della gravità della situazione, hanno immediatamente allarmato la più vicina compagnia dei Vigili del Fuoco. Sono giuti, pertanto, i pompieri della stazione di Tricase, i quali hanno domato le fiamme e vietato al transito l’intera area. Sul posto sono intervenuti anche gli agenti del Commissariato locale, adesso impegnati nella dettagliata ricostruzione della dinamica della vicenda e a spiegare con certezza i motivi del duplice attentato.

Tutto lascia pensare, tuttavia, ad una ritorsione nei confronti dei due. A qualcuno, infatti, potrebbe non essere andata  a genio la questione tutta legata ad interessi ereditari iniziata con una serie di atti persecutori posti dalle vittime del rogo odierno. Preite e Caputo, infatti, si trovano in cella a causa di un simile rogo domestico appiccato nell’abitazione della sorella del primo: il motivo del gesto venne attribuito ad un contrasto tra fratelli per motivi ereditari, in quanto l’uomo accusava la donna di essersi impadronita ingiustamente di alcuni beni.