L’omicidio di Andrea Campagna, l’agente capitato nel fotogramma sbagliato


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Perché un agente della Polizia di Stato, era finito nel mirino dei terroristi? Perché nel volantino di rivendicazione firmato dai Proletari Armati per il Comunismo (PAC), l’autista della Digos era descritto come «torturatore di proletari»? Bisognava rispondere a queste le domande per risolvere il ‘mistero’ dell’omicidio di Andrea Campagna, freddato a pochi passi dal portone dell’abitazione della sua fidanzata, figlia di un calzolaio originario di Gallipoli.

Aveva da poco finito il turno di servizio, un’abitudine che i sicari conoscevano bene. Doveva accompagnare il futuro suocero al lavoro, quando fu colpito a morte da cinque colpi di rivoltella, una calibro 38 scrisse la stampa di allora. Non ci fu nulla da fare, l’agente si accasciò a terra, senza vita, mentre i killer si allontanano su una Fiat 127 rubata il giorno prima, alle undici della sera, minacciando l’automobilista con una pistola.

Perché l’autista fu definito un «torturatore di proletari» nel volantino con cui i Pac rivendicarono l’attentato? Gli investigatori hanno provato a rispondere a questa domanda collegando l’omicidio di Campagna a quello del gioielliere Pier Luigi Torregiani, assassinato dai Proletari Armati per il Comunismo il 16 febbraio 1979. Ecco, l’agente era stato ripreso dalle telecamere mentre accompagnava in Questura alcuni “sospettati”, persone accusate di essere responsabili del delitto, ma poi risultate estranee al fatto.

Le immagini furono trasmesse in tv e tanto bastò a condannarlo a morte. Campagna non c’entrava nulla, non aveva avuto un ruolo nell’indagine, era solo un giovane poliziotto di periferia capitato nel fotogramma sbagliato e fu scelto per questo. Perché fu inquadrato per cinque secondi.

In un’altra rivendicazione dell’attentato recapitato ai giornali, i PAC fornirono un particolare noto solo agli inquirenti: l’arma usata per uccidere l’agente non era una 38 special, ma una 357 Magnum. Una pistola comune a tre casi: quello di Torregiani che aveva sparato ad un rapinatore, quello di Campagna e il caso Santoro, il maresciallo degli Agenti di custodia ucciso a Udine perché era stato accusato dai Pac di maltrattamenti ai detenuti.

Le condanne

Andrea Campagna aveva 25 anni e una vita davanti. Fu ammazzato in pieno giorno, sparandogli vigliaccamente alle spalle. Anni dopo la giustizia presentò il conto ai terroristi del Pac. Tra i condannati c’era Cesare Battisti, in contumacia perché era fuggito dal Carcere di Frosinone. Fu lui ad ammazzare l’autista di scorta in un tiepido pomeriggio milanese, il 19 aprile 1979, mentre il complice faceva da palo sulla 127. Aveva rivolto la calibro 375 anche verso il suocero, ma l’uomo che aveva visto in faccia l’assassino che fuggiva non si beccò un proiettile soltanto perché il caricatore era ormai scarico, svuotato con rabbia sul povero agente senza colpa. Anche diversi pentiti confermarono quello che gli investigatori avevano già intuito.

Battisti, il killer che sceglieva le sue vittime leggendo i giornali, ha ammesso tutto.