Raggiro a signora senegalese? L’avvocato Francesco D’Agata condannato in Appello a 3 anni e 9 mesi


Condividi su

Arriva la condanna anche in Appello, con un lieve aumento di pena, nei confronti dell’avvocato Francesco D’Agata, accusato di un raggiro ai danni di una signora senegalese. La Corte d’Appello ha inflitto la pena complessiva di 3 anni e 9 mesi di reclusione. I giudici hanno riqualificato il reato di tentata truffa in truffa consumata. Disposta, inoltre, l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

Francesco D’Agata è difeso dagli avvocati Luigi e Roberto Rella che potranno presentare ricorso in Cassazione, una volta depositate le motivazioni della sentenza entro 90 giorni.

Assolto anche in Appello, l’altro avvocato finito sul banco degli imputati. Rispondeva delle accuse di indebito utilizzo di carta prepagata e ricettazione. Nei suoi confronti il sostituto procuratore generale Imerio Tramis aveva chiesto la condanna a 3 anni e 2 mesi di reclusione. L’imputato è difeso dall’avvocato Giancarlo Dei Lazzaretti.

In primo grado, il giudice monocratico Maddalena Torelli aveva inflitto la pena di 3 anni ed 1 mese di reclusione all’avvocato Francesco D’Agata. Era stato disposto il risarcimento del danno, quantificato in 10 mila euro, a favore della signora senegalese, parte civile nel processo, con l’avvocato Francesco De Iaco.

Le indagini

L’inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia giudiziaria della guardia di finanza di Lecce, coordinata dal colonnello Francesco Mazzotta, è nata da un IBAN “sospetto” su cui una donna originaria di Torino, aveva versato 4mila euro.

Secondo l’accusa, Francesco D’Agata sarebbe stato il deus ex machina della presunta truffa. Una donna senegalese aveva subito un incidente stradale in cui era rimasta sfigurata e si era rivolta all’avvocato per ottenere un risarcimento: più di 600mila euro dal Fondo Vittime della Strada. D’Agata, secondo l’accusa, avrebbe falsificato una sentenza del Tribunale di Trieste, competente a liquidare il risarcimento e convinto la senegalese di aver ottenuto “appena” 300mila euro, di cui l’avvocato ne avrebbe trattenuti circa 140mila, liquidando alla donna di fatto 160mila euro. Gli altri, D’Agata li avrebbe utilizzati per l’abbonamento in uno stabilimento balneare e per pagare gli stipendi dei suoi collaboratori.

Al termine del processo di primo grado, occorre sottolineare, D’Agata era stato assolto per alcuni reati.