Arriva la condanna per Mario Mangione, l’ex sindaco di Vernole, in merito alle presunte ingerenze sull’abbattimento di una villa di famiglia.
Il collegio della seconda sezione penale (presidente Fabrizio Malagnino) gli ha inflitto la pena di 1 anno e 6 mesi, per il reato di abuso d’ufficio. Condanna a 6 mesi di reclusione in concorso per Antonio Castrignanò, 65enne di Melendugno, ex responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Vernole (con le attenuanti generiche). I giudici hanno disposto per entrambi la sospensione della pena. Ma anche l’interruzione dai pubblici uffici per la durata delle rispettive pene principali. Il collegio ha poi dichiarato l’estinzione del reato di falsità ideologica, per intervenuta prescrizione. La sentenza prevede infine il risarcimento del danno di 5.000 euro in favore della parte civile, l’associazione ambientalista “Italia Nostra”, assistita dall’avvocato Francesca Manta.
Durante la discussione in aula, il pm Paola Guglielmi ha chiesto la condanna a 1 anno e 3 mesi per Mangione ed a 10 mesi per Castrignanò.
Mario Mangione, ex sindaco di Vernole (tra il 2008 ed il 2013) è assistito dall’avvocato Andrea Sambati. La difesa ha sostenuto la mancanza di qualunque forma di condizionamento per ottenere la sanatoria. Ricordiamo poi che in precedenza, il sostituto procuratore Angela Rotondano aveva chiesto l’archiviazione del procedimento. Il gip attraverso apposita ordinanza, dispose però l’imputazione coatta.
Invece, Antonio Castrignanò è difeso dall’avvocato Silvio Verri, il quale ha sottolineato l’estraneità del proprio assistito alle accuse.
Questi, in carica dal 2008 al 2014 avrebbe messo in atto, secondo la Procura, una sorta di sanatoria. L’atto prevedeva solamente una sanzione pecuniaria. Il pm sostiene però che l’area in cui sorgeva la villa (con garage, deposito, campo da tennis e gazebo), sulla strada provinciale Vernole-Melendugno fosse sottoposta a vincolo paesaggistico. E un’ordinanza del precedente responsabile dell’ufficio tecnico prevedeva la demolizione delle opere abusive. Inoltre, la volumetria dell’immobile risultava maggiore, rispetto a quanto riportato nel progetto.
Le indagini presero il via dall’esposto presentato dall’altro ex “primo cittadino” di Vernole, Ferdinando Pedaci.