«Dopo aver compiuto il gesto sono tornato a casa mia e ho dormito fino al mattino». È riuscito a mettere la testa sul cuscino e a riposare tutta la notte Giovanni Antonio De Marco, lo studente di scienze infermieristiche che ha confessato di aver ucciso con più di 70 coltellate Daniele De Santis e la sua fidanzata Eleonora Manta. A convincerlo a studiare a tavolino il “crimine perfetto” una rabbia covata e accumulata per invidia. Erano innamorati e felici e questo deve aver fatto scattare qualcosa nella mente dell’universitario descritto come una persona sola, di poche parole, tutto “casa e ospedale”, dove stava svolgendo il tirocinio.
Un ragazzo dall’apparente faccia pulita che, da tempo, stava preparando minuziosamente il delitto come dimostrano i cinque biglietti trovati sulla scena del crimine. «Piano disumano» lo definisce il Gip nella convalida del fermo. E dopo averlo messo in pratica, il 21enne è tornato alla sua ‘normalità’ anche se aveva capito di avere il fiato sul collo degli investigatori per gli errori commessi durante l’omicidio. Dorme, va con una escort, compra un fumetto, balla ad una festa lo stesso giorno dei funerali dell’arbitro e della fidanzata, canta “come non aveva mai fatto” secondo i coinquilini dell’appartamento in via Flaming.
Il fumetto
I Carabinieri avevano concentrato l’attenzione su quel “ragazzo infermiere” come era salvato nella rubrica del telefono di Daniele. Troppi indizi portavano a lui: il sospetto che il killer avesse le chiavi di casa era troppo forte: non c’erano segni di effrazione né sul portone dello stabile, né sulla porta di ingresso delle vittime e il fatto che l’aggressione sia cominciata in cucina escludeva l’ipotesi che Daniele o Eleonora, colti di sorpresa mentre si trovavano seduti al tavolo per la cena, avessero accolto il loro assassino. E poi la foto/profilo di whatsapp, non più visibile. Così, gli uomini in divisa avevano cominciato a seguire i suoi movimenti. I militari lo pedinano per studiare abitudini, comportamenti e personalità e quando, il 26 settembre, lo studente compra un fumetto della serie Black Cover in un negozio a pochi passi dal centro storico sequestrano la banconota da 20 euro con le impronte digitali da confrontare con quelle lasciate dall’assassino sulla scena del delitto. Perché di tracce ne sono state trovate tante, nonostante l’accortezza di «nastrare le dita» e di «indossare i guanti» come era scritto in uno dei fogli da blocnotes persi nel cortile in cui aveva pianificato l’orrore che sarebbe dovuto durare un’ora e mezza. È accaduto tutto in meno di 10 minuti, tra le 20.46 e le 20.50.
La festa il giorno dei funerali
Sabato è anche il giorno dei funerali di Daniele e Eleonora. A Lecce, come in tutto il Salento non si parla d’altro. Delle parole pronunciate da Mons. Michele Seccia e dal parroco di Seclì che dal pulpito hanno invitato il killer a costituirsi. L’aspirante infermiere che fa? Non si chiude in casa, ma partecipa alla festa di compleanno di una collega di corso. È rilassato, sorridente, balla. Tace solo quando si parla del delitto.
La notte di sesso a pochi metri da via Montello
È una delle “prove” per incastrarlo, ma non sarà l’unica. Di indizi il killer ne ha lasciati tanti. Il pomeriggio del 27 settembre, i carabinieri seguono De Marco in una abitazione a pochi passi da via Montello. Suona, entra con fare deciso nella palazzina dove ha un rapporto sessuale con una escort. Quando esce è il turno dei militari. Repertano due preservativi e un fazzoletto, fondamentali per recuperare il Dna. La ragazza sa che è stato commesso un feroce omicidio, ma non capisce cosa sta succedendo.
Uno dei coinquilini, intervistati, racconta anche di averlo sentito cantare. Insomma, apparentemente continua la vita di sempre anche se – nel decreto di fermo poi convalidato dal giudice per le indagini preliminari – è calcolato il pericolo di fuga.
Il pericolo di fuga e il fermo
«De Marco era perfettamente consapevole di aver lasciato sul luogo del delitto numerose tracce che potevano portare a lui (la calzamaglia, i guanti in lattice, le fascette con cui avrebbe dovuto legare e torturare Eleonora e Daniele) ed aveva maturato la consapevolezza di essere braccato dalle forze dell’ordine. È, dunque, ragionevole ritenere (anche alla luce del fatto che stava iniziando a negarsi anche ai suoi stessi parenti, come appurato nel corso di una telefonata intercettata il 27 settembre) che avesse intenzione di far perdere le proprie tracce» si legge.
È il 28 settembre. Le lancette dell’orologio avevano da poco segnato le 21.40 quando lo studente esce dal Vito Fazzi insieme ad alcuni colleghi. Sta per entrare in macchina di una conoscente che avrebbe dovuto accompagnarlo a casa quando vede i Carabinieri. «Da quanto mi stavate seguendo?» chiede senza ricevere risposta. Il punto è che è stato fermato anche per il pericolo che potesse, se lasciato libero, uccidere ancora.