Nessuna sorpresa per l’esito della votazione di ieri sull’Expo 2030. Già da mesi gli emissari italiani che andavano in giro per il mondo a cercare voti, tornavano a mani vuote, a fronte delle promesse inimitabili fatte dai sauditi ai singoli Paesi.
Troppo abissale la differenza economica tra l’Arabia Saudita (e, diciamolo, la Corea del Sud) e l’Italia di oggi. Un solo dato: l’Aramco, la compagnia petrolifera saudita, capitalizza in borsa circa 2.000 miliardi di dollari, un multiplo dell’intera borsa italiana. I sauditi hanno previsto centinaia di miliardi di investimenti nei prossimi anni; noi abbiamo centinaia di miliardi di debiti in scadenza. Le città sono obiettivamente incomparabili, non nella loro bellezza (in quello siamo ancora vincenti), ma nella loro condizione quotidiana. Ricordo a tutti che alcuni lavori previsti per il Giubileo, partiranno (e chissà quando finiranno…) molto DOPO la fine del Giubileo stesso. Non possiamo sorprenderci se il resto del mondo non ci ritiene capaci di organizzare un evento.
Non sorprende neanche che non ci abbiano votato molti Paesi europei, non solo la Francia, già da tempo asservita in varie forme (Sarkozy con il Qatar, Macron con l’Arabia) a quel mondo.
Dobbiamo ripensarci: come Paese e come singole città. Un centimetro per volta, come direbbe Al Pacino. Ma in fretta.
Editoriale di Romualdo Mazzocco, Docente Universitario-Presidente Associazione Genio Italico