Tap si farà e nessuno dei Cinque Stelle salentini si dimetterà. Almeno chiedano scusa


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Ecco cosa accadrà: il gasdotto Tap, opera considerata strategica per “liberarsi” dalla Russia si farà. Ufficialmente per colpa delle penali che l’Italia dovrebbe pagare per rinunciare al progetto. E come ha detto la ministra del Sud Barbara Lezzi, eletta tra le file del Movimento Cinque Stelle «questi costi il Paese non può permetterseli» e i pentastellati non se la sentono di addossarli sui cittadini.

Insomma, come ripetiamo da anni (prendendoci anche gli insulti di chi ci accusava di essere ‘di parte’ o, nel peggiore dei casi, di esserci venduti alla multinazionale svizzera) l’opera sbucherà nella bellissima spiaggia di San Foca, nonostante le proteste dei NoTap che hanno urlato «né qui, né altrove» e combattuto una battaglia che, sinceramente, sembrava persa in partenza.

A stretto giro il cantiere si animerà di nuovo di uomini e mezzi perché bisogna lavorare per completare il progetto entro la data fissata del 2020. Nelle prossime ore la nave Adhemar de Saint Venant dovrebbe salpare dal porto di Brindisi per gettare le prime basi alla realizzazione del tunnel nel tratto di mare che bagna la marina di Melendugno.

Chi è stato eletto anche grazie alle promesse fatte in campagna elettorale di fermare l’opera, addirittura in quindici giorni come urlato da Alessandro Di Battista a San Foca, si è trovato tra le mani una patata bollente. Strappano un sorriso i tentativi di scaricare la responsabilità su altri partiti o sui predecessori perché Renzi e Company, per quanto “odiosi”, hanno avuto coerenza nel sostenere che il tubo cattivo non doveva fare paura a nessuno in ogni occasione pubblica. Mai un tentennamento, mai un’apertura neanche per considerare soluzioni alternative.

Non è giusto neanche nascondersi dietro un misero “non potevamo fare nulla, abbiamo le mani legate dal costo troppo alto che dovremmo far pagare al Paese per fermare l’opera”.  Perché il dietrofont si chama dietrofront, i passi indietro si chiamano passi indietro, le figuracce si chiamano figuracce.

È dal 2015 che era chiaro che, indietro, era impossibile tornare. Come impossibile è, ora come ora, attuare il piano B, quello avanzato soprattutto dal Governatore Michele Emiliano che (almeno) ha proposto di spostare l’approdo a Brindisi, magari riconvertendo Cerano.

Resta la rabbia e la delusione. Il Comitato No-Tap e il sindaco Marco Potì, continueranno la battaglia, ma attendere le scuse di chi ha promesso qualcosa che sapeva di non mantenere o che peggio ha promesso senza informarsi che poteva essere mantenuto è legittimo e soprattutto necessario.

Attenzione, non è una critica al “Governo del cambiamento” che mai come nessun altro esecutivo sembra essere in sintonia con gli italiani. Salvini e Di Maio possono continuare il loro cammino a testa alta forti del fatto che “questioni in interesse nazionale” non possono piegarsi alle richieste di chi si oppone (a torto o a ragione) alla Trans Adriatic Pipeline.

Il problema è tutto “salentino” di chi a marzo ha preso valanghe di voti nel Salento e che si è comportato come se non peggio di quelli che ha sempre criticato.