Caro Stefano, di tutti i colleghi giornalisti, operatori video, registi, tu sei stato il più buono, il più educato, il più disponibile in assoluto. Il lavoro era il tuo mestiere, quando c’era da fare non ti tiravi mai indietro, ti proponevi quando c’era da risolvere un problema o da cambiare un turno.
Eri così, bello e affezionato, come un vero amico, alla ricerca della felicità nelle cose più semplici, più genuine, più vere, come avere una famiglia e crescere un figlio. Come quella bimba che hai amato più di te stesso e per la quale vivevi a prezzo dei tanti sacrifici che tutti noi abbiamo fatto per vivere, non avendo altra strada per vivere, se non lavorare.
Ti avevamo conosciuto alla fine degli anni ’90, quando giovanissimo entrasti nel gruppo dei tecnici di Telerama, di cui io ero già un mezzo veterano. Si usciva insieme “a fare i servizi” per il tg, si sognava insieme una carriera professionale. Poi ci ritrovammo nel 2006 alla corte del gruppo Studio 100, quando cominciammo quella nuova esperienza che mi trovai a coordinare nella veste di responsabile della Redazione di Lecce.
Il primo dei registi messi a mia disposizione fosti proprio tu, insieme agli affezionati e ammirati colleghi Giovanni Indino e Claudio Giorgino. Tu spadroneggiavi in regia.
Anno splendido quel 2006, incarico di responsabilità, un buon contratto di lavoro, e l’arrivo a casa della tua adorata figlia. Avevi competenze tecniche diffuse ed essendo stato anche cameraman, si approfittava, ogni tanto, della tua versatilità condita con una buona dose di disponibilità. Doti rare che a te non facevano difetto. E uscivi con i giornalisti, telecamera in spalla, come un avventuriero consapevole del proprio destino di lavoratore incallito. Come noi altri del resto, ma tu di più, con la tua rinomata ansia da prestazione, preoccupazione e attenzione per le piccole cose, grande dignità e altissimo senso di responsabilità, la responsabilità del buon padre di famiglia.
La scoperta improvvisa e casuale della malattia, nel 2009, fu un colpo duro per tutti noi. Tu invece affrontasti anche quella prova terribile con l’ottimismo di sempre. La voglia di vivere era più forte di tutto. Hai lottato, hai sostenuto le cure con spirito guerriero, ti sei fatto onore e sei andato via con lo stile di un galantuomo, dicendo che, tutto sommato, le cose non stavano poi così male.
Nella scorsa estate, al funerale della madre di un caro collega, ti riconobbi con difficoltà. Al posto della tua stazza imponente c’era una figura esile e slanciata, eppure dopo tanti anni di cure ero convinto che fossero le conseguenze di un nuovo regime alimentare e di vita, come avviene per tanti. Non era solo quello purtroppo. In un organismo giovane il nemico agisce con maggiore ferocia, ma la tua storia non è quella della tua morte, bensì della tua vita.
Come non ricordare la sarabanda di emozionanti vibrazioni che ci regalavi nei duetti televisivi col grande Liberato Casole, in quella trasmissione sportiva di cui tu eri unico regista, geloso ed esclusivo. Cose fantastiche ragazzi, i colleghi le ricordano e adesso che leggono si lasceranno andare ad un sorriso. Quel sorriso buono di Stefano Tornese.
Troppo presto ci hai lasciati Stefano. A 38 anni è contronatura, ti saresti meritato i tempi supplementari amico mio, almeno quelli.
Eri bello Stefano, ma sono certo che da oggi lo sei ancora di più.
Grazie amico caro.