Finisce sotto processo per omicidio volontario il datore di lavoro del giovane pastore albanese, attinto da un proiettile mentre accudiva il gregge. In mattinata, dinanzi al gup Edoardo D’Ambrosio, si è svolta una nuova udienza preliminare. Il giudice ha rinviato a giudizio Giuseppe Roi, 32enne di Porto Cesareo, il quale dovra ora presentarsi il 7 novembre prossimo dinanzi ai giudici della Corte d’Assise per l’inizio del nuovo processo. Dunque è stata accolta la richiesta del pm Carmen Ruggiero che ha ribadito la richiesta (già formulata in aula nel corso del dibattimento) di riqualificazione del reato di omicidio colposo in omicidio volontario con dolo eventuale.
I familiari della vittima, il 24enne Qamil Hyraj, assistiti dall’avvocato Ladislao Massari, si sono costituiti parte civile.
Giuseppe Roi è difeso dagli avvocati Francesca Conte e Giuseppe Romano. I legali hanno chiesto, in prima battuta, il proscioglimento dell’imputato ed in subordine il rinvio a giudizio per omicidio colposo.
“Prendiamo atto della decisione e affronteremo con serenità il processo in Corte d’Assise, al fine di dimostrare l’innocenza di Roi e la sua estraneità all’accusa di omicidio volontario”, ha commentato l’avvocato Conte al termine dell’udienza preliminare.
L’inchiesta
Occorre ricordare che nell’immediatezza dei fatti, il pm contestò a Giuseppe Roi il reato di omicidio volontario.
Il collegio difensivo, si oppose fin da subito, facendo riferimento agli esiti degli accertamenti balistici degli specialisti e chiese la riqualificazione del reato in omicidio colposo. L’istanza venne accolta dai giudici del Riesame e poi dal pm Giuseppe Capoccia (inizialmente titolare dell’inchiesta) ed infine dal gup al termine dell’udienza preliminare. Nel maggio dello scorso anno, però, nel corso del dibattimento, il pm Ruggiero ritenne di riformulare l’accusa di omicidio volontario. Invece, il 73enne Angelo Roi, padre di Giuseppe, accusato di simulazione di reato, è stato già condannato dal giudice monocratico Stefano Sernia, nell’ottobre del 2018, a 10 mesi (pena sospesa).
I fatti
Ricordiamo che, il 6 aprile del 2015, nelle campagne fra Torre Lapillo e Torre Castiglione, fu ritrovato il cadavere di un giovane pastore albanese, Qamil Hyraj. Il 24enne era stato ‘freddato’ da un unico colpo di pistola sparato in fronte, da una distanza ravvicinata.
Sette mesi dopo, a finire nei guai, è stato il suo datore di lavoro e amico, Giuseppe Roi, proprietario di un’azienda ovicola. Il primo colpo come rivelato dai rilievi balistici effettuati avrebbe trapassato l’elettrodomestico da parte a parte richiamando “l’attenzione” di Hyraj che, in quel momento, stava guardando il gregge. Il ragazzo si sarebbe voltato ed è lì che sarebbe stato raggiunto da un secondo colpo.
Fu anche battuta la pista del furto di agnelli, raccontata da Angelo Roi probabilmente per nascondere la verità e allontanare i sospetti sul figlio, Ma fin dai primi istanti era apparsa poco “plausibile”.
Determinante è stata la testimonianza di un altro pastore che avrebbe raccontato ai militari dell’abitudine di Giuseppe Roi di sparare contro bersagli a caso, come un bidone bianco sparito, ma di cui è stata trovata traccia all’interno della masseria.