
Fanno “scena muta” dinanzi al giudice, i sei indagati finiti in carcere nell’ambito dell’operazione investigativa “Le Veneri“.
Dinanzi al gip Simona Panzera, si sono difatti tenuti presso l’aula bunker di Borgo San Nicola, gli interrogatori di garanzia. Giorgio Pio Bove, 34 anni di Parabita, difeso dall’avvocato Luca Laterza, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ha soltanto rilasciato spontanee dichiarazioni, sottolineando l’estraneità della moglie Addolorata Donadei, 31 anni di Parabita, ai fatti contestati.
Hanno scelto la via del silenzio anche Metello Durante, 30 anni di Tuglie; Cosimo Francone, 51 anni di Tuglie e Salvatore Martello De Maria, 47 anni di Tuglie, tutti assistiti dall’avvocato Angelo Ninni. E poi, Giorgio Bove, 25 anni di Matino ed Antonio Manco, 32 anni di Parabita, difesi dall’avvocato Maria Greco.
Domani verranno ascoltati dal giudice: Addolorata Donadei, intesa Ada, 31 anni di Parabita: ( avvocato Luca Laterza) Valeria Manco, 29 anni di Tuglie ( avvocato Maria Greco) ; Michel Perdicchia, 30 anni di Matino ( difesa dagli avvocati Alberto e Luigi Corvaglia).
Gli arrestati rispondono a vario titolo ed in diversa misura di: associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti; detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti; estorsione aggravata dalla metodologia mafiosa.
L’indagine, coordinata del Pubblico Ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, Carmen Ruggiero, è stata condotta dal Nucleo Operativo della Compagnia di Gallipoli e ha consentito di disarticolare un’associazione a delinquere, strutturata secondo uno schema verticistico, composta da persone facenti parte della Sacra Corona Unita.
Nell’ordinanza di custodia cautelare, a firma del gip Simona Panzera si fa riferimento alla figura centrale di Giorgio Pio Bove. Difatti, è venuta a galla una fiorente “attività” in cui erano coinvolte le donne, tra cui la moglie Addolorata Donadei, che ricoprivano ruoli fondamentali.
L’associazione a delinquere, capitanata da Giorgio Pio Bove, legato al clan Giannelli, si occupava della distribuzione di droga al dettaglio (cocaina, hashish e marijuana), attraverso i sodali Giorgio Bove e Michel Perdicchia per il territorio di Matino. Invece, Metello Durante a Cosimo Francone si occupavano dello spaccio nella zona di Tuglie. E come detto, dopo l’arresto di Giorgio Pio Bove, nel dicembre del 2018 (nel marzo dell’anno successivo ottenne i domiciliari), la moglie Addolorata Giannelli, riceveva le sue direttive durante in colloqui in carcere e le trasmetteva a Salvatore Martello De Maria, suo principale referente. Nell’ordinanza di custodia cautelare emerge il ricorso ad un linguaggio criptico con l’utilizzo di termini quali: esca, alga, malota, batteria etc. per riferirsi alla droga.
E viene evidenziato un particolare retroscena. Antonio Manco, uno dei sodali dell’associazione, nel mese di marzo del 2019 rimaneva coinvolto in un incidente stradale a Parabita e veniva accompagnato in ospedale. Nonostante il ricovero, emerge da alcune intercettazioni, egli avrebbe però continuato a ricevere droga ed a spacciare. Non solo, poiché in alcune circostanze veniva raggiunto in ospedale ( la direzione sanitaria era all’oscuro di tutto) dai clienti, così numerosi ” che ci sarebbe voluto un pulmino” .
Antonio Manco si occupava anche dell’attività di “recupero crediti” e delle richieste estorsive.