Mancano poche ore e poi Salvatore Ruggeri, finito ai domiciliari dopo l’inchiesta della Guardia di Finanza che ha svelato i retroscena degli intrecci tra politica e sanità potrà difendersi dalle accuse che gli sono state contestate. È un vero e proprio terremoto quello che si è abbattuto sull’ex assessore al welfare della Regione Puglia, descritto nelle pagine dell’ordinanza a firma del Giudice per le indagini preliminari Simona Panzera come il «regista del sistema criminale che ha permesso a imprenditori “privilegiati” di vedere amplificati i propri guadagni o di ottenere un posto di lavoro per i familiari».
Le indagini – si legge – hanno mostrato il potere di Ruggeri, capace di infiltrarsi nei gangli della pubblica amministrazione, come nei Consorzi di bonifica dove ha piazzato i suoi uomini di fiducia (Antonio Ermenegildo Renna) ricevendo in cambio favoritismi secondo meccanismi clientelari.
Posti di lavoro per i suoi “protetti”, pesce di qualità, cene e pranzi, champagne e sesso, queste le “utilità” ricevute. L’assenza di qualsivoglia rigurgito di moralità – si legge ancora nelle pagine dell’Ordinanza – è dimostrata dal patto a luci rosse tra l’ex senatore dell’Udc e una 37enne che ambiva a migliorare la sua posizione lavorativa. O quando ha ‘raccomandato’ una donna con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale, aiutandola a trovare una sistemazione in un noto istituto culturale salentino.
Nessuna moralità in Ruggeri, secondo il Gip. Lui che in un’intercettazione telefonica in cui commentava il comportamento di Mario Romano riguardo al concorso Arpal si vantava di avere – testualmente – una integrità morale. In un’altra conversazione sempre sulla vendita dei posti di lavoro precisava: «quello, quello (riferendosi a Romano) tiene una tariffa. 5mila euro a posto di lavoro che poi non dà. Prende per il culo le persone…». E ancora «non è l’aiuto al posto di lavoro, lo facciamo tutti l’aiuto al posto di lavoro, ma prendersi 5mila euro dalle persone, poveri disgraziati che non tengono nemmeno per camminare. Questa è una bruttura seria».
Ruggeri potrà avvalersi della facoltà di non rispondere o potrà scegliere di chiarire, punto per punto, tutti gli episodi che gli sono costati le accuse di corruzione per l’esercizio della funzione, ricettazione, falso ideologico e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.
Interrogatorio di garanzia per i Romano
Nella stessa giornata saranno ascoltati anche Mario Romano, dirigente regionale in pensione che, secondo l’accusa, chiedeva soldi in cambio di posti di lavoro (o della semplice promessa) e il figlio Massimiliano, all’epoca vice presidente della Provincia di Lecce, coinvolto negli “affari” del padre.
Diverse le ‘conferme’ raccolte dagli uomini delle fiamme gialle. In una dichiarazione spontanea rilasciata da una persona che aveva accettato l’accordo con Romano si legge: «Ho conosciuto Mario Romano quando cercavo un lavoro per mia moglie. Mi ha proposto il pagamento di 6mila euro come prezzo di favore per trovare una sistemazione. Ho accettato e ho pagato in contanti. In quel periodo mi trovavo in forti difficoltà economiche e ho chiesto ai parenti di prestarmi i soldi…». Il lavoro non è mai arrivato e anche le promesse fatte per prendere tempo erano solo bugie. «Ho capito – continua – che mi prendeva in giro e gli ho chiesto la restituzione dei 6mila euro. Ad oggi continuo a contattarlo ma non risponde. Aggiungo che una parte dei soldi dati a Romano erano risparmi accantonati con il tempo e la restante parte me l’ha prestata mio padre».
Sarebbero più di 50 le persone che hanno consegnato denaro a Romano in cambio della promessa di ottenere un lavoro come confermato dalle numerose conversazioni telefoniche intercettate dalla Guardia di Finanza in cui si fa riferimento ai pagamenti o alla restituzione del denaro perché le promesse erano state disattese.