La famiglia di Ivan Ciullo, il dj trovato impiccato ad un albero di ulivo nelle campagne di Acquarica del Capo, non hanno mai creduto al suicidio. Impossibile, secondo loro, che il giovane speaker radiofonico abbia deciso di togliersi la vita. Da quel 22 giugno 2015, quando il corpo fu trovato in località Calìe, hanno sempre ‘combattuto’ per cercare la verità, convinti che fosse diversa da quella scritta nelle indagini chiuse, a loro dire, troppo frettolosamente.
Così, mamma Rita e papà Sergio – assistiti dagli avvocati Walter Biscotti e Paolo Maci – hanno chiesto e ottenuto la riesumazione del corpo, forti della consulenza del criminologo Roberto Lazzari e all’esperto in medicina legale, Giuseppe Panich che aveva fatto emergere le presunte “incongruenze” nella ricostruzione di quel giorno di inizio estate.
I risultati dell’autopsia
L’autopsia, eseguita dal professore dell’Università di Bari Francesco Introna, consulente tecnico d’ufficio della Procura, e dal dottor Alberto Tortorella, confermerebbe che i segni ritrovati sul corpo del dj salentino sono “compatibili” il suicidio. Nessun segno di violenza, né di colluttazione che possa far pensare che Ivan si sia difeso, che sia stato ucciso.
Nella consulenza depositata dagli esperti, inoltre, si colloca l’orario della morte tra le 19.00 e le 23.00. In quel range di tempo, l’unico indagato (difeso dall’avvocato Giuseppe Minerva) si trovava lontano dalle campagne di Acquarica. Secondo l’analisi del sistema gps sul suo telefonino, infatti, l’uomo con cui il giovane dj pare avesse una relazione “tormentata” era a circa 40 chilometri di distanza dal luogo della tragedia.
Inizialmente, subito dopo l’esame, voci non ufficiali avevano parlato di segni compatibili con lo strangolamento e non con la morte per impiccagione (Ivan, per mettere fine alla sua vita, avrebbe usato il cavo di un microfono). Oggi, la relazione consegnata sul tavolo della Procura non parla di “omicidio mascherato da suicidio”.
Ora toccherà al Pubblico Ministero, Maria Vallefuoco trarre le dovute conclusioni. Sul nuovo fascicolo l’ipotesi di reato era quella istigazione al suicidio, ma la relazione conclusiva dell’autopsia sembra spianare (ancora) la strada dell’archiviazione.
Non è soddisfatto degli esiti dell’esame autoptico l’avvocato Paolo Maci: “Non ci arrenderemo, dice, faremo esaminare la consulenza tecnica al nostro perito di parte”.