Ci sono morti che si fa fatica ad accettare perché raccontano solo una parte di una storia più grande in cui si intrecciano segreti, misteri e intrighi. Come nel caso del ‘suicidio’ di Mario Ferraro, il tenente colonnello del Sismi trovato senza vita dalla sua compagna nel bagno della loro abitazione, un attico affacciato su via della Grande Muraglia Cinese. Quello di Ferraro è un nome che ‘scotta’, legato a molti misteri che hanno segnato un’epoca, dall’omicidio di una giornalista alla strage di via Fani. Per capire la storia che sembra il copione di un film, forse, bisogna partire proprio dalla fine, dall’ultimo giorno di vita del tenente colonnello, una «barba finta» come vengono chiamati gli 007 italiani, che si spacciava per semplice dipendente di una ditta import-export, tale Fabio Marcelli, un nome di copertura.
Le ‘circostanze misteriose’ della morte
Era il 16 luglio 1995, una domenica. Ferraro e la compagna Maria Antonietta trascorrono la giornata in terrazza. Ore tranquille in quella vita sotto copertura scandita da accortezze, spacciate per apparente normalità: la porta chiusa rigorosamente con il chiavistello, la chiave sempre inserita nella toppa, le strade diverse per andare al lavoro, le auto nel cortile controllate con attenzione prima di andare a dormire, le telefonate fatte dalla cabina telefonica. Alle 19.00, fa una doccia, si veste e chiede alla compagna di uscire: ha finito i sigari e vuole anche prendere un gelato, ma lei preferisce restare sul terrazzo a godersi il ponentino. Così fa.
Un’ora dopo cambierà tutto. L’orologio aveva da poco segnato le 20.00, quando la donna si accorge che la luce del bagno e accesa. Chiama il compagno, ma nessuno risponde. Poi apre la porta e lo trova senza vita, impiccato con la cinta dell’accappatoio stretta attorno al collo. Una scena drammatica, ma dopo la paura e il dolore, dopo le chiamate ai familiari e alle forze dell’ordine, nella donna cominciano a farsi spazio i primi dubbi. La cinta era legata, a sua volta, al portasciugamani, alto poco più di un metro e 20, che è riuscito a reggere il peso di un uomo in forma. Maria Antonietta nota anche un altro dettaglio: le chiavi di casa, Mario, non le ha lasciate nella porta, come faceva sempre, ma in un cassetto, dove le ha ritrovate. Anche il fratello di Ferraro, giunto nell’attico, non è convinto. «Ha il viso sereno, non di uno che compie un gesto disperato». Come se il corpo fosse stato «aggiustato» dopo il decesso.
Le indagini
I primi minuti, quelli che sono spesso determinanti per risolvere un giallo, sono scanditi da un via-vai continuo di persone nell’appartamento al quinto piano del quartiere Torrino: ci sono delle forze dell’ordine che nella prima relazione dimenticano di sottolineare che il morto è un agente del Sismi e gli uomini dei servizi segreti che si affrettano a portare via il telefonino, l’agenda e le cartelle di Ferraro.
La prima ipotesi fu istigazione al suicidio, presto mutata (a fine luglio) in omicidio volontario. C’erano troppe ombre nella ‘strana’ morte del tenente colonnello che meritavano almeno di essere chiarite. Anche ammettendo che il portasciugamani avesse retto il peso di Ferraro (quasi 90 chili), perché doveva togliersi la vita? E perché non aveva usato un metodo meno ‘complicato’ avendo in casa una pistola?
La pista dell’omicidio, dello 007 ucciso in ascensore e poi ‘sistemato’ in bagno per nascondere il delitto fu abbandonata. La messinscena non era possibile, lo 007 si era tolto la vita perché aveva perso una figlia nel 1987 e non si era mai ripreso dalla ‘forte depressione’. Nessun omicidio. Nessuna istigazione al suicidio. Nessun complotto. Sipario. Nonostante la dinamica della morte fu definita ‘insolita’, il giallo fu archiviato nel 1999 come suicidio, lasciando un retrogusto amaro di verità non dette.