Pestaggio all’uomo che denunciò il sistema “illegale” degli alloggi popolari: arrivano tre condanne

I tre imputati condannati per aver minacciato e picchiato Piero Scatigna rispondevano di tentata violenza privata e lesioni aggravate dal metodo mafioso.

Si conclude con la dura condanna dei tre imputati, il processo con rito abbreviato sul violento pestaggio a Piero Scatigna, l’uomo che denunciò il presunto sistema illegale di assegnazione degli alloggi popolari.

Il gup Edoardo D’Ambrosio ha inflitto: 4 anni e 6 mesi e 6.000 euro di multa nei confronti di Umberto Nicoletti (il pm ha invocato 6 anni e 6 mesi), difeso dagli avvocati Giuseppe Presicce e Giancarlo Dei Lazzaretti; 4 anni a Nicola Pinto e 6 mila euro di multa (chiesti 5 anni ed 8 mesi) ma assolto dall’accusa di occupazione abusiva, assistito dai legali Ladislao Massari e Viviana Labbruzzo; 3 anni e 4 mesi e 4.800 euro di multa per Andrea Santoro (il pm ha chiesto 5 anni e 2 mesi), assistito dall’avvocato Pantaleo Cannoletta. La difesa, una volta depositate le motivazioni della sentenza, proporrà ricorso in Appello. Gli imputati rispondevano del reato di tentata violenza privata e lesioni aggravate dal metodo mafioso.
Il giudice ha inoltre disposto il risarcimento del danno da quantificarsi in separata sede ed una provvisionale di 5 mila euro in favore di Piero Scatigna.
A margine della sentenza, l’avvocato Angelo Terragno, difensore di parte civile, afferma “Accogliamo con soddisfazione la sentenza che costituisce una nuova pagina nella vita di quest’uomo, il cui coraggio è stato ripagato”.

Secondo l’accusa, i tre imputati avrebbero cercato con minacce di far ritirare a Scatigna la denuncia nei confronti di Raffale Guido, in relazione alla “illecita e privatistica gestione degli immobili ERP”. L’episodio più grave, però, sarebbe stata l’imboscata tesa al “grande accusatore”, nel giugno del 2015. In che modo? Fissandogli un appuntamento a Giorgilorio presso la casa di Giuseppe Nicoletti (padre di Umberto) e colpendolo brutalmente, cagionandogli un trauma cranico e facciale, additandolo ripetutamente come “infame”.

Ricordiamo che, nelle scorse settimane, Piero Scatigna è stato sentito dai pubblici ministeri Massimiliano Carducci e Roberta Licci, in qualità di teste della Procura, per oltre tre ore.

Dinanzi ai giudici della seconda sezione collegiale, nel corso del processo con rito ordinario che si sta celebrando presso l’aula bunker di Borgo San Nicola, ha ricostruito l’intera vicenda.Scatigna ha ricostruito con dovizia di particolari l’episodio che, in passato, lo avrebbe visto vittima del violento pestaggio (confluito nel processo odierno). Non solo, dopo avere denunciato i fatti, sarebbe stato costretto ad abbandonare Lecce, per le continue intimidazioni.

Inoltre, ha riferito di avere ricevuto altre minacce, alcune ore prima dell’udienza fissata per il 13 maggio scorso, poi rinviata. In particolare, qualcuno avrebbe detto alla sua ex compagna, che “lui” aveva il destino segnato. La donna (sentita a sua volta come testimone, nella giornata di ieri), dopo un’iniziale smentita dei fatti, ha sostenuto che qualcuno si sarebbe avvicinato a lei, dicendole che Piero Scatigna era un infame.



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