Se n’è andato a 40anni Alessandro Leogrande, giornalista e scrittore. Stroncato da un infarto, all’improvviso. È stato il padre Stefano a dare la notizia lasciando senza parole chiunque abbia avuto modo di conoscerlo, di leggere un suo reportage, un suo articolo.
«Consentitemi, per favore, le lungaggini, che può fare un padre, che non riesce a lenire il proprio dolore – ha scritto papà Stefano, un testo rilanciato anche da Marco Ludovico su Facebook – Alessandro, per me, era bellissimo. Alessandro era la Gioia, che entrando in casa, ci coinvolgeva e travolgeva, roboante e trascinante, ma era anche il lavoro fatto bene, analitico e profondo; tutto alla ricerca della verità; ed era anche la denuncia; fatta con lo stile dell’annuncio, che, nonostante tutto, un mondo migliore, è ancora possibile. Ho sempre percepito, orgogliosamente, che la Sua essenza fosse molto, ma molto migliore della mia. Oggi questo padre si sente orfano».
Instancabile cronista di attualità, politica, cultura. Con «Il naufragio. Morte nel Mediterraneo» sulla tragedia dell’immigrazione albanese davanti alla costa pugliese aveva vinto il Premio Ryszard Kapuściński, ma Leogrande era indiscutibilmente una delle penne più raffinate del giornalismo (non solo locale) che ora piange per la sua scomparsa, una penna al servizio degli ultimi. Era appena tornato a Roma, dove viveva. Aveva preso parte ad un evento a Campi Salentina.
«Addio amico mio, addio anima che aveva il coraggio della bontà e dell’indignazione. Questo mondo di merda l’hai davvero cambiato, perché con le parole hai agito sui tuoi lettori e su chi, come me, ti ha ascoltato, letto e voluto bene. Sei stato luce di baleno, ma restano i tuoi libri. I tuoi grandi libri. I tuoi immensi libri»: sono le toccanti parole con cui lo scrittore Roberto Saviano ha mostrato, sui social, il dolore per la morte giornalista originario di Taranto.