Angela Petrachi, un omicidio crudele e un colpevole che si dichiara innocente

Saranno analizzate le tracce di Dna trovate sugli indumenti di Angela Petrachi. Ripercorriamo la storia di questa giovane mamma di Melendugno, uccisa nel 2002

Nel 2002, quando il corpo senza vita di Angela Petrachi fu ritrovato in un bosco di Borgagne gli omicidi non avevano la stessa eco e attenzione di oggi. E non c’erano gli stessi “mezzi” per condurre le indagini. Certo, la storia di questa giovane mamma violentata, torturata e uccisa aveva scosso il Salento e nemmeno il tempo è riuscito ad affievolire il ricordo della crudeltà di quel delitto.

Per la giustizia il colpevole ha un volto e un nome: Giovanni Camassa, condannato all’ergastolo. Sono passati quasi 20 anni e l’agricoltore non è mai crollato, dalla sua cella nel carcere di Lecce ha sempre urlato la sua innocenza. È possibile che stia pagando per qualcosa che non ha commesso? La speranza è che i nuovi accertamenti possano riuscire a rispondere a questa domanda.

La scomparsa di Angela e il ritrovamento del cadavere

Ma cosa è accaduto ad Angela? Riavvolgiamo il nastro del tempo e torniamo a quel maledetto giorno di fine ottobre. Forse il Salento aveva assistito a tanta crudeltà solo dopo la morte del piccolo Daniele Gravilli, trovato in fin di vita sulla spiaggia di Torre Chianca. Qualcuno lo aveva spogliato, violentato e rivestito. Poi aveva premuto forte la testa del bambino sulla sabbia per tentare di soffocarlo, mentre cercava di difendersi. E lo aveva lasciato lì, come un giocattolo che non serviva più. In quel caso il Dna trovato sul corpo di Daniele, la firma dell’assassino, è servito solo a scagionare i sospettati, ad allontanare l’attenzione che si era concentrata sulle persone spagliate.

In un giorno di novembre del 2002 l’orrore si ripresenta. Il corpo senza vita di Angela viene “notato” da un cercatore di funghi in un bosco di querce a Borgagne, frazione di Melendugno. L’autopsia rivelò che la donna era stata violentata, strangolata con i suoi slip e seviziata con la lama di un coltello. Era scomparsa nel nulla qualche giorno prima, il 26 ottobre. Alle 14.30 di quel maledetto sabato, Angela dopo aver pranzato dai genitori con i figli di 4 e 7 anni, esce promettendo che sarebbe tornata al massimo entro un’ora, giusto in tempo per accompagnare il maggiore al catechismo. Non è stato così. Non è più tornata.

Scomparsa nel nulla, questo hanno detto i familiari quando hanno bussato alla porta dei Carabinieri per chiedere aiuto e dare il via alle ricerche. Per giorni si brancola nel buio. Angela sembra non aver lasciato nessuna traccia fino al 31 ottobre, quando gli uomini in divisa trovano l’auto della donna con la ruota posteriore destra sgonfia per un chiodo conficcato nel copertone. Era parcheggiata a pochi passi dal campo sportivo. Dentro c’erano i documenti del veicolo. La carta d’identità con la fotografia strappata verrà trovata da un passante un paio di giorni dopo, sulla strada provinciale che da Melendugno porta a Borgagne. La borsa vuota di Angela era cento metri più avanti.

Dal suo cellulare, tra le 17.00 e le 23.30, vengono inviati 14 messaggi allo stesso numero, il telefonino di un giovane che lei avrebbe frequento. Nessuna parola, solo “simboli”. Ascoltato per avere informazioni utili, l’uomo ha raccontato di non averla né vista né sentita quel sabato né dopo la conclusione della loro relazione sentimentale. Il tempo passa.

L’otto novembre, come detto, è toccato al cadavere della 31enne, in avanzato stato di decomposizione. Il corpo era nudo, la gonna arrotolata sino ai fianchi, il volto sporco di terra e irriconoscibile. Il contadino che l’ha trovata, riversa per terra accanto ad un cespuglio, sviene alla vista di quella scena straziante. Il riconoscimento è stato possibile grazie ad tatuaggio, una farfalla sull’addome.

L’autopsia

E poi c’è l’ orrore, quello che, per giorni e giorni, il boschetto di querce ha custodito e nascosto. L’autopsia rivela che la 31enne era stata violentata, strangolata, mortificata con dei pezzettini di legno infilati nelle parti intime, scaraventata con il volto contro le pietre più volte e torturata forse quando il suo cuore aveva già smesso di battere.

Il resto è fatto di dettagli. Importanti, indispensabili che avrebbero dovuto svelare il mistero.

Come si è arrivati a Camassa?

La donna aveva chiesto all’agricoltore un cane, un cucciolo da regalare ai figli. Era questo l’unico filo che legava l’uomo alla mamma. Ma tanto basta. Si indaga per omicidio aggravato, violenza sessuale e vilipendio di cadavere. Parallelamente vengono iscritti nel registro degli indagati l’ex marito e tre persone che avrebbero frequentato la donna nell’ultimo periodo, tra cui un meccanico con cui Angela avrebbe avuto una relazione.

L’ultima chiamata che Angela ha ricevuto alle 13.55 sul suo cellulare è stata quella del suo presunto assassino, che la stava aspettando al parcheggio del campo sportivo dove lei ha lasciato la sua Fiat Panda rossa. Aveva un appuntamento con qualcuno? Oppure le hanno offerto un passaggio quando ha bucato la ruota? E chi ha inviato i messaggi?

Secondo l’accusa era stato Camassa. L’agricoltore affronta il processo dichiarandosi innocente. Assolto in primo grado “per non aver commesso il fatto” è stato condannato all’ergastolo in Appello e Cassazione. Carcere a vita. Fine pena mai.

Non c’è la prova regina, manca il movente. Per questo l’agricoltore e la famiglia che in questi lunghi anni non l’ha mai abbandonato ha chiesto che vengano analizzate le tracce di Dna trovate sugli indumenti di Angela.



In questo articolo: