Omicidio Donato Montinaro, gli interrogatori di garanzia per scoprire la verità


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Una rapina finita nel sangue. Così il giudice per le indagini preliminari Laura Liguori –  che ha firmato l’ordinanza che ha aperto le porte del carcere ad Angela Martella, 58enne di Gagliano del Capo, Patrizia Piccinni, 48enne residente ad Alessano e Antonio Esposito, 39enne residente a Corsano – ha definito l’omicidio di Donato Montinaro, il falegname di Castri ucciso nella sua abitazione che si affaccia su via Roma la sera del 10 giugno.

Una “tragedia”, anche se la violenza usata per immobilizzare il pensionato che ha aperto la porta ai suoi assassini e forse convincerlo a confidare dove avesse nascosto i soldi che si vantava di avere in casa, aveva ‘annunciato’ quale sarebbe stata la sua fine. Anche il Pubblico Ministero sottolinea in un passaggio che l’elemento morte fosse stato “accettato” senza remore e scrupoli dai tre che lunedì, durante l’interrogatorio di garanzia, potranno avvalersi della facoltà di non rispondere e scegliere la strada del silenzio o ‘smontare’, punto per punto, l’impianto accusatorio.

Le prove raccolte durante le indagini sono tante. Ci sono le intercettazioni che, in alcuni casi, sembrano vere e proprie confessioni, in altri sono inequivocabili al punto da incastrarli. «Anche se si volesse lasciare un margine di dubbio sul contenuto dei dialoghi ascoltati dagli uomini in divisa – scrive la Gip – ci sono state altre conferme come le celle agganciate dai telefoni degli indagati all’ora dell’aggressione, le immagini delle telecamere di videosorveglianza, l’auto usata per raggiungere Castri e tornare a casa, immortalata nei filmati e il racconto di due testimoni. Non ha potuto parlare la figlia disabile del falegname che si trovava in casa quando il padre è stato massacrato di botte e immobilizzato in modo da togliergli l’aria. Lei, la preoccupazione principale di Montinaro che cercava una donna da ‘pagare’ per prendersi cura di lui e della figlia quando non ci sarebbe stato più, era chiusa nella sua stanza e non si è accorta di nulla.

Mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle, gli inquirenti sono riusciti a dare un volto e un nome agli autori, presunti fino a quando non si pronuncerà la giustizia, del delitto. Contavano sul fatto che gli inquirenti non avessero in mano nulla per incastrarli, ma alla fine il timore di finire in carcere si è concretizzato. Più volte le due donne (Angela e Patrizia), che hanno seguito il caso con un interesse che va al di là della pura curiosità per un fatto di cronaca che ha sconvolto il Salento, ne hanno parlato. Come quando, il 26 giugno, temendo un imminente arresto hanno detto di essere nella “cacca”. Qualche giorno dopo, il 23, ci sono state due delle frasi più significative, ritenute dagli inquirenti simili ad una confessione: “è vero che abbiamo fatto una fesseria per migliorare la vita, ma abbiamo peggiorato la vita” dice Angela a Patrizia. Non solo, durante un controllo stradale, temendo che fosse una scusa per raccogliere informazioni sul loro conto, Patrizia si lascia sfuggire un “forse ci hanno fottute”. E Angela risponde: “…n’hannu beccate”.

Paure, timori, sensi di colpa scomparsi qualche mese dopo l’omicidio, quando le due hanno cercato altri anziani benestanti da raggirare. Un vero e proprio modus operandi, come confermato da, un’ intercettazione definita “inquietante”. Dopo essersi date appuntamento in un bar, avrebbero pianificato il futuro così:

Patrizia: la prossima volta veniamo qui e ci sediamo..

Angela: Eh..

Patrizia: è più elegante, là è più di ragazzi delle scuole capito?

Angela: è facile che troviamo qualche vecchiareddhru che…

Patrizia: che vuole accompagnato e lo accompagniamo noi…

Angela: Sì sì..

Patrizia: al cimitero…