Rabbia e solitudine. Questi i sentimenti che hanno spinto Antonio De Marco a pianificare l’omicidio di Daniele De Santis e la sua fidanzata Eleonora Manta quella maledetta sera del 21 settembre. Lo studente di scienze infermieristiche nel lungo interrogatorio di convalida del fermo ha raccontato al Giudice per le Indagini Preliminari, Michele Toriello di sentirsi solo. Nonostante fosse circondato dai colleghi del corso, condividesse la casa con altri ragazzi, non aveva “legato” con nessuno. Si sentiva vuoto, triste, aveva spesso delle crisi di pianto e l’interesse per una compagna dell’Università non era ricambiato. Quando aveva provato a fare un passo in più, ad avvicinarsi a lei, aveva ricevuto come risposta un secco «restiamo amici». Un’altra delusione nella sua vita anonima, passata chiuso in camere, tra fumetti e video su YouTube.
È stato il 21enne a raccontarlo, rispondendo alle domande del Gip che, ad un certo punto, gli ha fatto notare che è una situazione più comune di quanto si possa immaginare, che tutti almeno una volta nella vita ci siamo sentiti soli o abbiamo ricevuto un rifiuto: «Ci hanno scritto tonnellate di libri e migliaia di canzoni su questi stati d’animo, sono normali in un ragazzo» dice, ma De Marco ha spiegato che a volte la tristezza lo ha portato a pensare di farla finita. «C’erano dei momenti in cui desideravo farmi del male» ha confidato mostrando una cicatrice sulla caviglia destra che si era procurato con un coltello rovente. Ha anche raccontato di aver rubato una scatola di xanax dall’Ospedale, ma che non l’ha mai usata.
Ad un certo punto qualcosa nella sua testa è scattato, nella sua mente si è insinuato il pensiero di far del male agli altri come se volesse far provare a qualcun altro il suo stesso dolore. Qui qualcosa che non torna. Il 21enne non è riuscito a spiegare perché ha deciso di ammazzare Daniele e Eleonora, cominciando a pianificare il “crimine perfetto” mentre condivideva con loro l’appartamento di via Montello. Fa il duplicato delle chiavi, compra un coltello, studia il percorso per evitare le telecamere, appunta sui biglietti la sceneggiatura dell’omicidio, calcolando il tempo necessario per legarli, torturarli, farli fuori, ripulire la scena del crimine, architettare una caccia al tesoro e scrivere sul muro, probabilmente con il sangue delle vittime visto che non aveva con sé e non ha mai parlato di bombolette spray.
Non c’erano stati screzi, né problemi legati alla convivenza, come il pagamento dell’affitto. Il 21enne aveva già intenzione di lasciare l’appartamento e cercare un’altra soluzione più comoda e più vicina all’ospedale, come poi ha fatto raccogliendo l’invito di un amico che lo aveva informato che si era liberato un posto nell’abitazione di via Flaming. Perché proprio Daniele e Eleonora, come mai ha scelti? «Non lo so, forse perché erano felici, mi sembravano felici» ha sempre sostenuto Antonio, anche quando ha confessato dopo che i carabinieri lo avevano fermato dopo aver raccolto abbastanza indizi per incastrarlo, compresi quelli che aveva perso nella scena del crimine.
Non basta a spiegare la crudeltà con cui si è accanito sui corpi di Daniele e Eleonora che hanno provato a difendersi e quando hanno visto che non c’era più nulla da fare lo hanno implorato di fermarsi. “Ci stai ammazzando” hanno sentito chiaramente alcuni testimoni. La felicità non è una molla. «Tanta gente intorno a te era felice, magari anche la ragazza che ti ha respinto lo era» replica Toriello.
Il Gip prova a fargli dire qualcosa in più, prova a scavare per cercare il movente, per capire se l’invidia potesse bastare ad animare la sua mano, a spingerlo a commettere un delitto così feroce, ma nulla. Resta il dubbio perché abbia scelto quei due ragazzi, innamorati. «Diamo per certo che tu li hai scelti perché ti sembravano felici – si legge nella trascrizione dell’interrogatorio – però mi hai detto che non vi incrociavate quasi mai dentro casa e quindi che cosa ne sai della loro intimità, del modo in cui stavano insieme nella loro felicità? Che cosa ne sai tu? Non credo che avessi avuto occasione di cogliere la loro felicità. Se era successo due mesi prima erano persone che avresti dovuto dimenticare no?» fa notare il Gip. E invece non ha scelto altre persone a cui “dare dolore”, non li ha dimenticati, ma pensava di ucciderli da agosto, mentre ancora viveva con loro e prima che lasciasse la stanza e fingesse di riconsegnare le chiavi. «Mentre stavi li dentro ti è balenata l’idea di farli fuori?» chiede il Giudice. «Forse, sì» risponde Antonio.
«Quel giorno ero arrabbiato. A volte riuscivo a fermare quei pensieri, quel giorno no» ha ribadito, ma non sembra bastare a spiegare la morte dell’arbitro e della sua fidanzata anche perché, come ha ribadito più volte nell’interrogatorio, le occasioni per stare tutti insieme erano state davvero rare. E allora cosa manca?