
A loro viene contestato il furto di alcuni blocchetti d'assegno, utilizzati poi per acquistare della merce da vari negozi della provincia leccese e poi rivenderla subito.
Un’attività investigativa iniziata lo scorso settembre del 2012 e terminata con cinque ordinanze di custodia cautelare – eseguite dai carabinieri della stazione di Lecce – nei confronti di altrettanti individui, tra cui alcuni già noti alle forze dell’ordine. Viene contestato loro il furto di blocchetti d’assegno dallo studio di un amministratore condominiale, utilizzati poi per essere spesi in vari negozi della'hinterland salentino (Vernole, Casarano, Lizzanello, Copertino, Maglie) apponendo firme false. Merce acquistata, ma poi subito rivenduta. Da qui infatti deriva il nome dell’intervento effettuato dai militari, ovvero “Operazione Shopping”, i cui dettagli sono stati illustrati in mattinata durante una conferenza stampa tenuta dal Procuratore Cataldo Motta presso il Comando Provinciale dei Carabinieri. Dovranno così difendersi dall’accusa di truffa, furto aggravato e ricettazione.
Il furto avvenne quando i ladri, saliti al 1° piano al civico n. 74 di Via S. Domenico Savio con una scala, forzarono il balcone per aspirare tutto il suddetto materiale dall’interno di una scrivania. A seguito delle indagini della Stazione carabinieri di Lecce, gli autori verranno individuati nel mese di marzo 2013. Una volta effettuate le perquisizioni, delegate dall’A.G. di Lecce, fu recuperata parte degli assegni (sottoposti a sequestro) e del materiale acquistato fraudolentemente (restituito poi agli aventi diritto). Nello specifico, il 18 dicembre 2012 si presentarono negli uffici dei carabinieri i titolari di due negozi, uno di PC ed uno di telefonia, ambedue di Lecce, per denunciare l’acquisto di materiale con assegni scoperti (in una circostanza effettuato da una sola donna, e nell’altra da una famigliola composta da padre, madre e una bambina).
Il giorno successivo, la Stazione riceve un’altra denuncia da parte di un negoziante di PC di Lecce che aveva venduto anch’egli del materiale ad una donna accompagnata da una bambina. Materiale pagato sempre con assegno scoperto. In questa circostanza però, il negoziante fornì anche delle immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza interno, che aveva immortalato in maniera definita il viso della donna. Poiché le denunce dei vari commercianti riguardavano sempre acquisti fatti con gli assegni provenienti dal medesimo furto, i Carabinieri hanno iniziato a sospettare che le altre persone coinvolte nell’utilizzazione dei titoli rubati potessero comunque far parte della cerchia di conoscenti della donna, e tramite un' ulteriore attività investigativa estesa anche ai gestori di social network, si è risaliti anche alle frequentazioni “virtuali”. Tali elementi sono stati propedeutici al processo di identificazione.
All’atto delle perquisizioni di fine indagine, presso le abitazioni venivano rinvenuti parte dei restanti assegni ancora non utilizzati, nonché la quasi totalità dei beni acquistati dagli indagati con gli assegni rubati. Gli indagati sono stati tutti riconosciuti dalle vittime, ed inoltre due di loro hanno confessato, ciascuno per la parte di competenza, il loro ruolo nell’attività illecita. Il procedimento ha visto la riunione di 27 fascicoli processuali ed ha permesso di collegare gli indagati odierni ai reati contenuti in 30 querele. «Sono questi interventi che possono sembrare minimali – ha dichiarato lo stesso Cataldo Motta – sebbene molto sentiti dall’opinione pubblica. Un ringraziamento particolare va dato ai carabinieri che controllano il territorio, sempre vigili e attenti con le loro pattuglie». Il valore complessivo delle truffe, stando sempre alle indagini condotte dagli inquirenti, si aggira intorno ai 23mila euro.