Se da un lato, “l’incisiva azione di contrasto portata avanti dalla Forze di Polizia e dalla Magistratura” ha frenato l’avanzata delle frange storiche della Sacra Corona Unita, limitando il loro potere economico, dall’altro alcuni elementi di spicco della mala salentina sono riusciti a “ricominciare”. Hanno smesso di farsi la guerra e hanno deciso di “collaborare”, ridisegnando la mappa delle principali organizzazioni criminali operanti sul territorio, dove i boss storici continuano la loro attività criminale. Lo fanno, nonostante siano dietro le sbarre. Grazie a partenti, mogli e compagne e luogotenenti liberi riescono a mantenere l’ordine, a gestire il traffico di sostanze stupefacenti e il racket estorsivo.
A fotografare il lato oscuro del Salento è la relazione della Direzione Investigativa Antimafia, sull’attività svolta e i risultati conseguiti nel secondo semestre del 2018.
I Clan storici
In base a quanto si legge nel rapporto, il Clan Briganti con l’aiuto dei Tornese di Monteroni di Lecce e dei Pepe – consorterie attive nel traffico di sostanze stupefacenti e nelle estorsioni – è riuscito a mantenere la sua leadership criminale nel capoluogo. Anche in provincia, è ancora forte la presenza di diversi sodalizi, anche se alcuni sono stati notevolmente ridimensionati rispetto al passato come il cla Leo attivo nei comuni di Vernole, Melendugno, Lizzanello, Cavallino, Caprarica di Lecce e Calimera, il clan Rizzo o il clan Giannelli smantellato nell’imponente operazione «Coltura».
Altri, invece, hanno dimostrato la loro capacità di infiltrarsi nel circuito dell’economia legale, come il clan Pellegrino e il clan De Tommasi.
Senza dimenticare i Coluccia,un’associazione ad organizzazione ‘familiare’ attiva a Noha (frazione di Galatina), che ha saputo manifestare la sua capacità criminale allungando le mani anche sullo sport, garantendo, come noto, la promozione nel campionato regionale, della locale squadra di calcio, al fine di acquisire non solo consenso sociale, ma anche sponsorizzazioni da commercianti e imprenditori.
Quando la guerra sfocia nel sangue
Era il 24 luglio 2018, quando si consumato l’omicidio di Francesco Fasano, 22enne Melissano. Le indagini per cercare di capire chi avesse premuto il grilletto, freddando il giovane con una Calibro 9 e lasciandolo sull’asfalto in una pozza di sangue, svelarono la guerra in corso tra gruppi criminali locali per il controllo del traffico di sostanze stupefacenti che, in passato, avevano portato ad altri fatti di sangue. Gruppi criminali nati da un unico sodalizio, poi frammentato per le ‘liti’ per la gestione del mercato della cocaina.
Il clan Tornese
Rimane un certo “attivismo criminale” del clan Tornese che da Monteroni di Lecce ha conquistato altri tettorio come Guagnano, Carmiano, Veglie, Leverano, Arnesano, Porto Cesareo e Sant’Isidoro. Lo dimostra l’inchiesta “Labirinto” che ha permesso di svelare l’influenza del sodalizio, che si era estesa fino a Gallipoli, un tempo roccaforte del Clan Padovano, dimostrando un’attitudine imprenditoriale a riciclare e reinvestire i lucrosi proventi delle attività illecite nel settore ittico e turistico-alberghiero (bar, ristoranti e attività ricettive in genere).
Gli affari dei clan
Il mercato delle sostanze stupefacenti continua ed essere il core business dei clan, quello più remunerativo per la criminalità organizzata salentina propensa, in alcuni casi, a fare affari con gli albanesi, ormai riconosciuti come fornitori ufficiali di marijuana che arriva nel tacco dello stivale via mare. Basti pensare all’operazione “Amici Miei” che ha permesso di smantellare un sodalizio promosso da un cittadino di origine albanese, dotato di spessore criminale e di capacità economica e imprenditoriale. Singolare, tra l’altro, il modus operandi. Nei contatti con gli acquirenti delle sostanze stupefacenti, utilizzavano un sistema in stile call center. Negli scambi, invece, facevano ricorso al metodo del “drug & drive”, ovvero l’accostamento di due veicoli in una zona poco frequentata ed il successivo e repentino scambio di stupefacente.
La seconda inchiesta, “Short message”, ha disarticolato due distinte associazioni di cui una, con ramificazioni a Brindisi, che si approvvigionava di sostanze stupefacenti (cocaina, eroina, marijuana ed hashish) da un clan operante a Terlizzi (Ba) e l’altra, gestita anche da pusher operanti nel capoluogo leccese, dedita al traffico ed allo spaccio di eroina in alcuni paesi del basso Salento.
Nel mercato della droga operano anche molti stranieri di origine africana, la cui presenza appare aumentare nel periodo estivo, soprattutto in prossimità delle località marine della movida salentina, dove si concentrano i locali notturni.
Le estorsioni rappresentano un’altra fonte di ingenti guadagni. Nel mirino, commercianti ed imprenditori costretti anche ad assumere gli affiliati dell’organizzazione criminale (per i servizi di security e guardiania). In questo contesto, rientrano i “reati spia” (incendi o danneggiamenti sono considerati ‘segnali’) come anche il fenomeno dei furti di auto con la tecnica del “cavallo di ritorno.
Altro business è l’usura, ma è difficile delineare il peso economico che ha dato che, come per il racket estorsivo, le denunce presentate dalle vittime non rispecchiano la reale incidenza del fenomeno. Per i loro affari sporchi, i clan non disdegnano l’uso delle armi, sequestrate in quantità nel semestre preso in esame nella relazione.
Nuovo è l’interesse di alcuni gruppi criminali verso le attività connesse all’amministrazione pubblica (e non si poteva non citare il caso case popolari scoppiato a Lecce in cui risultano indagati esponenti politici, dirigenti, funzionari, dipendenti del comune di Lecce e tre soggetti appartenenti alla criminalità organizzata leccese, in particolare al Clan Briganti), comprese quelle tipicamente imprenditoriali, nonché a quelle relative al recupero crediti, alla gestione delle vendite giudiziarie, al settore dei giochi e delle scommesse e al mondo del calcio.
