Undici mesi dopo la sentenza di primo grado, i giudici della Corte di Assise di Taranto hanno depositato le motivazioni della condanna all'ergastolo per Sabrina Misseri e sua madre Cosima Serrano, ritenute responsabili dell'omicidio della 15enne
La sentenza di primo grado sul processo per il delitto di Sarah Scazzi è stata scritta: Sabrina Misseri e Cosima Serrano sono state riconosciute colpevoli di omicidio e per questo dovranno scontare il carcere a vita. Alla parola «ergastolo» Sabrina, come sempre vestita di nero, è scoppiata in lacrime; mamma Cosima, invece, è rimasta impassibile, in silenzio. Era il 20 aprile del 2013. Non era stato facile arrivare a quell’epilogo: entrambe le imputate non hanno mai mostrato un segno di cedimento e si sono dichiarate sempre estranee all'omicidio di cui, invece, si è autoaccusato, più e più volte soprattutto a favor di telecamera, Michele Misseri.
11 mesi dopo, i giudici della Corte di Assise di Taranto hanno depositato le motivazioni della sentenza. Argomenti, prove e indizi che hanno convinto la Corte di Assise della colpevolezza delle due donne di casa Misseri, contenuti in poco più di 1.600 pagine, consegnate ieri sera in cancelleria. Che cosa accadde realmente quel pomeriggio del 26 agosto del 2010 quando a perdere la vita fu una ragazzina di soli 15 anni convinta di dover andare al mare con le amiche?
In sostanza niente di più e niente di meno della ricostruzione del terribile delitto fatta dai pm Pietro Argentino e Mariano Buccoliero. Innanzitutto l’alibi «falso» fornito Sabrina Misseri in relazione ai frangenti in cui Sarah Scazzi è stata uccisa, come confermato dagli sms non veritieri che la stessa aveva inviato dal telefonino della cugina. E poi la non attendibilità del contadino di Avetrana che più volte ha cercato, invano, di addossarsi la colpa del delitto. «Non sussiste – si legge- alcun ragionevole motivo per il quale Michele Misseri avrebbe dovuto accusare ingiustamente, provocandone la sua carcerazione, proprio la figlia prediletta Sabrina e non altri soggetti». Lo Zio Michele «non avrebbe retto il peso della verità» come dimostrerebbe il soliloquio intercettato in auto del 5 ottobre 2010.
Le due donne sono nel carcere di Taranto, nella stessa cella. Sabrina sta molto male e per questo i suoi legali avevano fatto una richiesta di scarcerazione rigettata prima dalla corte di Assise di Taranto e poi dall’appello.