Dopo un mese passato a cercare Filippo Incarbone, sperando di trovare qualche informazione utile alle ricerche, la scomparsa del camionista salentino si è trasformata in un caso di omicidio. La svolta, improvvisa, ha scritto la parola fine, spegnendo ogni speranza di trovarlo vivo. Eppure le segnalazioni non erano mancate: qualcuno aveva raccontato di averlo visto su una panchina a Lecce, altri lo avevano notato nelle campagne di Vigevano, dove si era trasferito quando aveva lasciato il Salento. L’autista, invece, sarebbe stato ucciso con violenza con un martello da muratore, come si legge nel provvedimento di fermo. Colpito a calci, pugni e con una “mazzetta” fino a quando il suo cuore non ha smesso di battere. E il suo corpo sarebbe stato gettato nel fiume Ticino, in un luogo chiamato il «Ramo delle Streghe».
I presunti autori del massacro sono stati incastrati anche dal racconto di un testimone che ha assistito alla scena. Si tratta di 31enne di Vigevano, con alle spalle diversi precedenti penali per droga ed estorsione, a cui Incarbone doveva dei soldi. Tanti soldi, secondo quanto trapelato, per delle dosi di droga che non era riuscito a pagare. Era talmente fragile e indebitato che M.M. queste le sue iniziali aveva trasformato il 48enne in uno “schiavo”, costringendolo a fare le pulizie in casa o usandolo come autista a piacimento.
Ora è accusato di omicidio volontario, distruzione di cadavere, rapina, spaccio e estorsione: si dice che aveva costretto un uomo a dargli mille euro, chiedendone poi altri 20mila.
Il suo complice, un 43enne, che lo ha aiutato a disfarsi del corpo nella zona dove ora si sta concentrando l’attenzione dei Vigili del Fuoco, risponde di omicidio volontario e distruzione di cadavere.
L’ultima volta che l’uomo è stato visto risale al 27 dicembre, quando è andato a trovare il fratello che abita a Gambolò, sempre in provincia di Pavia. Il 3 gennaio ha inviato un messaggio di auguri per il nuovo anno alla cognata, scusandosi per il ritardo. Da quel momento, su Incarbone è calato il silenzio. Anche i vicini di casa nella città ducale, che in più occasioni lo avevano nei momenti di difficoltà, avevano notato qualcosa di “strano”. Il cagnolino dell’uomo, un bassotto di nome Casper, aveva abbaiato ininterrottamente per 24 ore. Preoccupati per quei lamenti, hanno chiamato i Carabinieri, ma quando i soccorritori sono entrati nell’appartamento per salvare l’animale in casa non c’era nessuno.
Il caso che ora si tinge di giallo è stato anche seguito dal programma televisivo “Chi l’ha visto?” su Raitre. I fermati, rinchiusi nelle celle di sicurezza della caserma di via Castellana, saranno interrogati dal sostituto procuratore Paolo Mazza, che conduce l’inchiesta.
