Scoperto un fiume di denaro per oltre 2 milioni e 600mila euro in un’abitazione di Galatina. E sulla provenienza dei soldi si affaccia l’ombra del clan Coluccia. Nelle scorse ore, i militari del Reparto Operativo del Nucleo Investigativo di Lecce, insieme ai colleghi della stazione di Galatina e alle unità cinofile di Modugno, hanno esibito un decreto di perquisizione nei confronti di A.C. 75enne del posto. L’uomo è assistito dall’avvocato Roberto Tarantino.
I carabinieri che si erano recati nei pressi dell’abitazione alla ricerca di armi e materiale esplodente, ma hanno trovato all’interno di un congelatore spento, situato nel vano scala dell’abitazione dell’uomo, un bustone della spazzatura che conteneva un borsone sportivo, le cui zip erano chiuse da due lucchetti. All’interno vi erano alcune buste di cellophane sottovuoto che contenevano mazzette di denaro per oltre un milione di euro (1.315,400 euro). Un altro congelatore conteneva, invece, un trolley e un borsone da viaggio, avvolti in buste di spazzatura. E dentro vi erano altri soldi. Varie mazzette per 450mila euro e altri 879mila euro.
Insomma, un ingente ritrovamento di denaro per 2.644,850 euro che veniva sequestrato, come disposto dal pm Giovanna Cannarile e che è stato poi versato sul Fondo Unico Giustizia.
Nel prosieguo delle indagini, gli investigatori dovranno verificare la provenienza dei soldi e stabilire se il “tesoro” sia riconducibile al clan Coluccia.
Nei giorni scorsi, nel corso dell’udienza preliminare relativa alla maxi inchiesta antimafia denominata “Insidia“, la Procura ha depositato i verbali d’interrogatorio di un competente della famiglia Coluccia, divenuto collaboratore di giustizia. Si tratta di Gerardo Dino Coluccia, 49enne di Noha, che nel corso di due interrogatori, alla presenza dell’avvocato Giancarlo Raco, ha ammesso di fare parte del sodalizio.
Nelle nove pagine di verbale, il nuovo collaboratore di giustizia ha ricostruito l’organigramma del clan, indicando ruoli e mansioni di ciascun esponente. Ha specificato, inoltre, che avrebbe custodito somme fino a 100mila euro e si sarebbe occupato del mantenimento delle famiglie dei cugini del padre, Antonio e Michele, che considerava “zii”, all’epoca detenuti in carcere.