Sergio Ragno vittima del dovere, ma non per l’Arma. La mamma: ‘presto tutta la verità’


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«Mamma non posso parlare, sono impegnato in una importante operazione». Sono state queste le ultime parole di Sergio Ragno, un carabiniere di stanza alla stazione di Borgo Ognissanti di Firenze che, meno di 30 minuti dopo quella chiamata alla madre, l’ultima, ha perso la vita in un terribile incidente stradale. Una tragedia consumata mentre era ‘libero dal servizio’ secondo l’Arma. Un sinistro durante un’operazione antidroga e quindi vittima del dovere secondo la famiglia che, da quel maledetto 17 giugno 2004, non fa che chiedere giustizia. Mamma Vittoria vuole solo sapere cosa sia accaduto quel pomeriggio a suo figlio, morto ad appena 24 anni. Non si è mai arresa, nemmeno davanti a quelle che considera bugie spacciate per verità.

Perché non si da pace lo spiega la signora Olimpio, ricordando le tante, troppe ombre nella ricostruzione degli ultimi minuti di vita di Sergio. Stando a quanto raccontato dalla famiglia, il 24enne era impegnato in un servizio in borghese deciso dai suoi superiori. Aveva appena smontato dal turno di notte, ma insieme ad altri cinque colleghi aveva partecipato ad una operazione antidroga per ‘stanare’ uno spacciatore al parco Le Cascine. Una ‘missione’ nata dalle informazioni ricevute da un consumatore di stupefacenti, fermato poche ore prima.

Poi il contrordine: l’operazione fu rinviata a quella stessa sera, alle 20.00. È questo il punto che, per anni, ha fatto discutere. Secondo l’Arma, Ragno si trovava lì, in borghese e in sella alla sua moto, ma non era in servizio. Secondo l’instancabile mamma Vittoria, Sergio non avrebbe mai dovuto trovarsi su quel viale alberato, all’ altezza delle Pavoniere, dove ha trovato la morte. Stava tornando in Caserma, infatti, quando è stato travolto da una Fiat Punto, condotta da una ragazza. Avevano la stessa età, ventiquattro anni.

Da quel momento, sono state tante le ombre calate sulla vicenda: il cellulare di servizio non fu mai ritrovato e anche l’agenda su cui il Carabiniere annotava tutti i servizi era sparita. Anche l’orario della morte non convince mamma Vittoria che, ogni giorno, si reca sulla tomba del figlio per pregare e sperare che un giorno avrà giustizia.

Quello che chiede la signora Vittoria, assistita dall’avvocato  Giulio Murano del Foro di Roma, è che sia riconosciuto a suo figlio lo status di vittima del dovere. Insomma, che qualcuno riconosca che Sergio è morto mentre svolgeva un lavoro che amava e non mentre stava facendo una ‘scampagnata’ con cinque colleghi diventati tutto ad un tratto amici.

«Non potrò mai dimenticare le parole dei suoi colleghi. “Ho visto un mio amico per terra”. Possibile che sei ‘amici’ si trovassero nello stesso posto, un luogo noto per episodi di spaccio di droga e prostituzione?».

«Sono stata una mamma leonessa, nonostante i miei problemi di salute non mollo. Voglio la verità per mio figlio» ha dichiarato la signora Vittoria che ha scritto anche un libro “Morire due volte, il dovere della verità” in cui racconta quei drammatici momenti, come un incidente ha distrutto la sua vita e l’ha catapultata in un incubo che dura da ben 15 anni.

«Le copie del libro le ho regalate per far conoscere la storia di mio figlio. Non è una questione di ‘soldi’, ma di giustizia» ha dichiarato «Scriverlo per me è stata una piaga, come un coltello che sprofondava in una ferita aperta. Ogni parola è stata una lacrima versata, ma andrò avanti. Sergio deve essere onorato, non infangato».