Chi passa molto tempo sui social, per lavoro o per divertimento, aveva messo in conto l’odio che avrebbe travolto Silvio Berlusconi, ricoverato in terapia intensiva al San Raffaele di Milano, per una infezione polmonare, una complicazione di una leucemia mielomonocitica cronica diagnosticata «da tempo» al Presidente. Si dovrebbe essere abituati alla cattiveria che, da sempre, accompagna il cammino del numero uno di Forza Italia, su cui si potrebbero scrivere fiumi di parole, nel bene e nel male. Ci sarebbero infinite cose da dire del Cav imprenditore, del leader politico, del personaggio Berlusconi, del Presidente di Milan e Monza, ma in un mondo che non esiste tutto si dovrebbe fermare davanti al Silvio uomo, un vecchietto di ottanta e passa anni, padre e nonno, che sta attraversando un momento delicato della sua vita, una malattia che non conosce reddito, né passato, né popolarità, né sbagli, che non se ne frega nulla di cosa hai fatto di buono nella vita o degli errori che hai commesso.
La «mielomonocitica cronica» non è tra le forme più gravi di Leucemia, di certo è la più frequente, ma per chi è credente sta tutto nelle mani del Signore e per chi non lo è la morte se la porta semplicemente sulle spalle e quando arriva il tuo momento, arriva, senza che tu possa fare nulla. Dato che nessuno è in grado di predire la data esatta della morte non resta, nel frattempo, che affidarsi a ciò che più fa stare bene, una preghiera mormorata, una raccomandazione al Santo più caro o una speranza, di farcela, di superare la fase critica e poter avere ancora tempo.
A Silvio Berlusconi la morte è stata augurata, senza mezzi termini o addolcendo un contenuto per camuffare quello che è: l’invito ad una dipartita, attesa come una festa di piazza con tanto di promessa a stappare champagne nel momento del saluto finale. Non dovrebbe sorprendere, abbiamo detto, ma scorrendo i social, leggendo alcune parole anche il più cinico una riflessione dovrebbe farla.
Tralasciando il tweet della Taffo, nota per le sue battute in salsa black humor, ci sono post che ti lasciano un senso di tristezza, malinconia e anche un po’ di vergogna. Soprattutto quando oltre alla morte, si augura la sofferenza che, vulgata comune, non dovrebbe colpire nemmeno il peggior nemico. E allora complimenti a chi, nonostante la poca simpatia che nutre nei confronti del Presidente, ha avuto l’onestà intellettuale di sperare che possa riprendersi per continuare a combatterlo con le armi della democrazia, della parola e dei valori, in uno scontro costruttivo e mai distruttivo.
Chi, come alcuni volti noti, compresi quelli che nella loro vita hanno “guadagnato” con Berlusconi, augura il peggio mostrando una incontenibile impazienza, dovrebbero chiedere scusa. Dovrebbero sforzarsi di mettere da parte un attimo l’odio, dando un bell’esempio di umana pietas. Difficilmente ci riusciranno. La conduttrice e scrittrice per Mondadori (tra l’altro), che ha pubblicato e rimosso il tweet definito da molti vergognoso è più preoccupata a bloccare chi la critica o a cancellare i commenti indesiderati. Qualcun altro è addirittura orgoglioso di aver scritto che “le preghiere funzionano” e che non ha problemi ad ammettere senza ipocrisia che sarà felice quando l’ex presidente del consiglio non ci sarà più.
L’ipocrisia c’entra ben poco, ma facciamo finta di accettarla perché così funziona o dovrebbe funzionare. Altri ancora si appellano al diritto di odiare, che comporta la libera di dire verità che per qualcuno hanno il sapore di cattiverie gratuite e non necessarie. E poi c’è chi sta zitto, che potrebbe essere una cosa buona per quanto detto finora se non fosse che a tacere è il Presidente del Partito Democratico, un avversario politico che, in questi casi, dovrebbe quanto meno giocare sul fair play.
Elly Schlein non ha speso una parola per il Presidente, circostanza che di certo non passa inosservata. Eppure Pier Luigi Bersani, quando il Cav fu colpito al volto da una statuetta, si recò di persona in Ospedale. «Mi ricordo sempre di quando, dopo l’attentato che ebbi a subire in piazza Duomo a Milano, venne a trovarmi tenendomi la mano per mezz’ora. È davvero una persona perbene e generosa» disse Berlusconi a Giovanni Floris. Basterebbe poco in fondo. Un po’ come ha fatto il presidente Michele Emiliano, uno che non si può dire sulla stessa linea di pensiero del leader di FI. «La personalità di Silvio Berlusconi si è affermata in questi quasi trent’anni di vita politica con una forza tale da rendere per alcuni troppo difficile pronunciare poche semplici parole di augurio di prontissima e totale guarigione». Tanto basta.
Auguriamo a Berlusconi di tornare a battagliare come sempre, ma una cosa è doveroso dirla: non è necessario che una persona scompaia per un esercizio di gentilezza che può essere fatto anche in vita, rimandando i “coccodrilli” a quando sarà il momento.