Strage ferroviaria, svolta nell’inchiesta della Procura di Trani: ci sono i primi indagati


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La procura di Trani mette il primo tassello nell'indagine sulla strage ferroviaria nelle campagne pugliesi e iscrive alcuni nominativi nel registro degli indagati. Si parte, dunque, da un principio basiare: quel treno non doveva partire dalla stazione di Andria. Il fascicolo – aperto con le ipotesi del reato di disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo – riguarda il personale di Ferrotramviaria che era in servizio ieri nelle stazioni di Andria e Corato: i due capistazione, innanzitutto, ma anche eventuali collaboratori. Perché gli accertamenti fin qui svolti, sebbene ancora debbano ricostruire con esattezza la dinamica, avrebbero comunque permesso di reperire alcuni punti fermi. A cominciare dal segnale di partenza dato al treno fermo ad Andria. Tante le domande, al momento, alle quali risulta impossibile fornire risposte. Quel convoglio si è mosso quando non doveva, con l'ok del capostazione e il semaforo verde di via libera. Cosa è accaduto? C'è stato solo un errore umano? O magari un guasto tecnico che ha azionato il semaforo? Al caso lavora un pool di quattro magistrati che, assieme a lui al Procuratore, indagherà a tutto campo. "Dobbiamo scandagliare ogni possibilità anche per non fare l'errore di fermarci a quello che è accaduto ieri". Queste le dichiarazioni del PM in una nota battuta dall’ANSA.

La linea, dunque, sembra piuttosto chiara e ipotizza tre livelli d'indagine: individuazione delle singole responsabilità nella catena di controllo che ha autorizzato il treno a lasciare la stazione di Andria; la sicurezza dei controlli da parte degli enti preposti; e, infine, la questione del raddoppio della linea, la sua messa in sicurezza e l'utilizzo dei fondi per arrivare all'individuazione di altri soggetti che potrebbero avere ruoli tutt'altro che marginali (argomento, questo, che sta praticamente “accendendo” i pareri dell’opinione pubblica). Per ogni aspetto dell’inchiesta a più fronti se ne occuperà un singolo giudice.

Gli investigatori della Polfer, dopo aver recuperato nella serata di ieri le scatole nere, hanno proceduto a sequestrare una serie di documenti che serviranno proprio a chiarire i vari ruoli: i brogliacci di movimento dei treni, le immagini delle telecamere delle stazioni di Andria e Corato e del sistema di videosorveglianza installato su almeno uno dei due convogli, e persino le conversazioni telefoniche tra i due capistazione, trascritte in un fonogramma. Proprio dalla visione delle immagini delle stazioni, infatti, gli investigatori avrebbero già potuto accertare due elementi importanti. Tra questi, ne sorge uno piuttosto indicativo: dopo la partenza del treno da Andria non si sono registrate scene di disperazione o attività particolari. Significa che nessuno dei due capistazione si sia accordo di aver commesso un errore. Inoltre, il macchinista del treno proveniente da Andria non poteva far altro che partire: oltre all'ok del capostazione, aveva anche il segnale di via libera sulla linea.

Gli investigatori avrebbero inoltre verificato che erano due i treni delle Ferrovie del nord barese provenienti da Corato e diretti verso nord e che uno di questi viaggiava in ritardo: "Il treno che è partito per secondo – dice il procuratore Giannella – non doveva partire". "L'unica stazione di incrocio è quella di Andria – aggiunge il direttore generale di Ferrotramviaria Massimo Nitti – Quel treno che scendeva da Andria, lì non ci doveva essere". Parole dirette e decise, riportate sempre nell’articolo scritto in mattinata dall’ANSA.

Nitti, ad onor del vero, difende il sistema di comunicazione e sicurezza basato su un fonogramma, il cosiddetto "consenso telefonico": "È una delle modalità di esercizio che viene regolarmente utilizzata nelle ferrovie".

"Dobbiamo capire. Ci sono tante cose da vedere e da incrociare" si limita ad aggiungere il procuratore. L’unico aspetto certo è che l'indagine sia appena partita. E siamo solo all’inizio.