Tensione all’alba a San Basilio, sassi per impedire ai mezzi di entrare nel cantiere Tap


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Non c’è pace nel cantiere di San Basilio, dove gli uomini di Tap sono impegnati a costruire il pozzo di spinta del gasdotto davanti all’occhio vigile degli attivisti che seguono, passo passo, i lavori. Dopo le tensioni dei giorni scorsi, l’aria che si respira nelle campagne Melendugno torna ad essere intrisa di contestazioni. Anche questa mattina, infatti, i manifestanti hanno provato ad impedire l’ingresso dei mezzi delle forze dell’ordine e dell’Alma Roma, utilizzando dei sassi racimolati nelle vicinanze.

Le lancette dell’orologio avevano da poco segnato le 6.45, quando la zona si è trasformata in una campo di battaglia, come era accaduto nelle scorse ore quando i manifestanti, con il volto coperto da cappucci e passamontagna, avevano lanciato uova piene di vernice contro le auto della ditta incaricata dalla multinazionale svizzera di eseguire dei lavori. Non solo, qualcuno ha anche sgonfiato le gomme ad un furgoncino. Questa volta, invece, ad essere danneggiati sono i mezzi e Torre Faro.

Gli animi infiammati, mai spenti, si sono rinfocolati dopo la decisione della Bei (la Banca europea per gli investimenti) di finanziare la costruzione del gasdotto con 1,5 miliardi di euro.

La Polizia, come sempre, sta acquisendo le immagini del sistema di videosorveglianza per provare a fare chiarezza sul blitz che ha interrotto la tranquillità di questo tiepido venerdì mattina di febbraio.

Il racconto della violenza dei No-Tap

Non sorprende, visti i precedenti, che i No-Tap presenti questa mattina abbiano raccontato una versione diversa da quella rilasciata della Questura. L’accusa degli attivisti è pesante: come si legge sul post, prontamente pubblicato sulla pagina Facebook del Movimento, la Polizia si sarebbe macchiata di omissione di soccorso dopo aver strattonato, calpestato e buttato a terra una mamma che era lì a difendere la propria terra. Non solo: un altro attivista, preso a manganellate in testa, avrebbe riportato delle ferite lacero-contuse che necessitano di punti di sutura.

Durante il consueto cambio della guardia, alcuni manifestanti sono rientrati al presidio “la Peppina” per proseguire la colazione condivisa, come accade da qualche mattina a questa parte. Quei pochi rimasti vicino ai cancelli, invece, sarebbero stati aggrediti dalle forze dell’ordine tra cui la mamma, svenuta dopo essere stata malmenata. Alcuni attivisti hanno cercato di soccorrerla ed è stato in quel momento che i poliziotti, con violenza, avrebbero impedito di aiutarla. Manganellando.

Il resto si legge nel lungo post in cui si punta il dito contro la versione ‘ufficiale’ della Questura, diramato a loro dire, perché nel torto.

La nota di Tap

Anche la multinazionale svizzera fa la conta dei feriti. «Ai blocchi stradali, ai tentativi di sfondamento dei cancelli, alle minacce personali ai lavoratori – si legge – si sono aggiunti lanci di pietre, di fumogeni e di altri materiali contundenti contro le forze dell’ordine e le guardie di vigilanza privata. Risultano ferite, seppur in maniera lieve, una funzionaria di pubblica sicurezza e due guardie di vigilanza privata. Sono stati, inoltre, vandalizzati alcuni mezzi e autovetture».

La solidarietà alle persone rimaste coinvolte nella violenza che da due giorni sta rallentando la costruzione del microtunnel è solo un’occasione, per Tap, per denunciare la mancanza delle condizioni di sicurezza e serenità necessarie per svolgere lavori regolarmente autorizzati. Un’assenza, a loro dire, dovuta al mancato rispetto della legge e della convivenza civile da parte di una frangia sempre più violenta e lontana da ogni manifestazione di pacifico dissenso.