Ognuno aveva un ruolo ben preciso nel ricettare le costose calzature di lusso rubate nelle Marche e rivendute nel Salento, ma tutti in base al compito svolto ora sono accusati di associazione a delinquere finalizzata – appunto – alla ricettazione. A finire nei guai sono stati Fernando Russo, 55enne, sua moglie Antonella Sanzico, 50enne e sua sorella Elena Russo, 48enne. E ancora Antonio Fuso 57enne e Antonio Martina 40enne di Lizzanello, persone abbastanza conosciute a Cutrofiano proprio per la loro attività nel commercio di scarpe.
E sarebbe proprio nel comune, a pochi chilometri da Maglie, che il gruppo provvedeva a “vendere” le scarpe rubate in un altro distretto manifatturiero, quello di Fermo, attraverso una serie di canali commerciali “puliti” che siano esercizi commerciali o i tradizionali mercati rionali che animano le strade e piazze delle città salentine. Ben sei i calzaturifici marchigiani presi di mira (Errebi e Brake di Sant’Elpidio, Gi.Ma Fashion Group e Rodolfo Zengarini di Montegranaro, Elisabet di Monte Urano) che avevano creato un certo allarme nel tessuto sociale oltre che un danno economico.
Secondo quanto ricostruito nell’operazione non a caso denominata «Easy Shoes», condotta dai carabinieri di Fermo e del Nucleo investigativo di Ascoli Piceno, chi orchestrava il tutto era Fernando Russo, considerato la mente: a lui spettava il compito di individuare gli obiettivi da colpire, di pianificare sulla carta i furti che poi materialmente faceva eseguire da altre persone, al momento non ancora identificate. Sua moglie, Antonella Sanzico, invece, si occupava della gestione della vendita delle scarpe all’interno nel negozio ‘Via Montenapoleone’ di Cutrofiano.
La sorella Elena Russo aveva il compito di esporsi in prima persona in qualità di legale rappresentante nei casi di rinvenimento e/o sequestri di calzature da parte dei carabinieri, così da permettere agli altri di continuare le loro illecite attività.
Antonio Fuso aveva il compito di ricettare le calzature nei mercatini settimanali in Puglia mentre a Antonio Martina riceveva i pagamenti dei “clienti”, in contanti o su carta prepagata a lui intestata. Una volta ricevuto il denaro, lo versava nelle casse del sodalizio criminale.
Piano piano, grazie anche ad una serie di intercettazioni telefoniche ogni pezzo del puzzle è stato messo al proprio posto. Le indagini hanno permesso non solo di svelare compiti e ruoli del gruppetto, ma di scoprire anche dove fosse stoccata la merce prima di prendere altre strade. Altro elemento determinante a ricostruire il quadro, è stata la ‘presenza’ di Fernando Russo all’interno delle aziende fermane qualche giorno prima che poi divenissero obiettivo dei furti, formalmente per trattare partite di calzature da acquistare a stock.
Il fascicolo, per motivi di competenza territoriale, è finito nelle mani della Procura di Lecce. E qui il Pm Roberta Licci, concordando con gli esiti investigativi, ha richiesto la misura cautelare per i cinque indagati, concessa dal gip Carlo Cazzella. Per gli uomini si sono aperte le porte del Carcere. Le donne, invece, sono finite ai domiciliari.
L’accusa – come detto- è quella di “aver promosso, costituito e partecipato, con compiti e ruoli specifici, un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro il patrimonio, ed in particolare ricettazione di calzature provento di furto”.