Dove va la musica popolare del Salento. Poche idee nuove, molta nostalgia


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La musica per eccellenza degli ultimi anni in Puglia è stata la pizzica, un genere autoctono che trae origini dalla notte dei tempi e che non è mai stata codificata in alcun manuale. Insomma, ognuno suona la pizzica che vuole e tante, forse troppe, sono state le genesi autonome di un genere che come pochi ha saputo rinnovarsi e autoriprodursi.

Del resto la stessa ragione ispiratrice della Notte della taranta, nel territorio della Grecìa salentina, emerge come risposta alla domanda di rappresentazione del sé antropologico che si andava ad affermare a metà degli anni ’90, quando a seguito di una forte rivalutazione del folklore popolare in chiave di promozione turistica, si è passati da un fenomeno di nicchia ad un delirio collettivo in senso positivo.

La crescita e lo sviluppo, talvolta disarmonico, di numerosi gruppi autodidatti di musicanti di strada ha preparato il terreno di coltura per nuove sensibilità artistiche che si sono perfezionate attraverso la militanza di piazza. Nascono così i festival della pizzica e della musica popolare, dei quali La Notte della taranta è regina. Ad imitazione di un modello definitosi senza una legittimazione programmatica, sono nati negli anni a seguire alcuni importanti eventi di salvaguardia e tutela della tradizioni locali, tradizioni messe in crisi, almeno in parte, dall’eccessiva estensione artistica a cui era stata sottoposta negli anni la notte di Melpignano, sempre più legata a modelli di innovazione e di ricerca ri-generatrice della tradizione e sempre meno all’identità del patrimonio testuale e musicale, adattato a generi improbabili e a cantanti “commerciali” la cui forza non era da ritrovare nella loro generosità artistica, ma solo nella loro rinomanza e fama di musicisti conosciuti e riconosciuti a livello nazionale ed internazionale.

La pizzica non ha tratto molti benefici da questa operazione, lo spettacolo invece sì. Ed anche l’immagine del territorio che si è aperta a confini e perimetri del tutto nuovi e insperati. Per la musica folk salentina molto è rimasto ai tempi di ieri, quando il ritmo era tenuto da interpreti naturali del genere. Pensiamo a Giorgio di Lecce, Uccio Aloisi, Pino Zimba. Ora che non ci sono più questi maestri della filosofia del tamburello, non sembra esserci alcun alfiere degno di rappresentare degnamente il genere gelosamente custodito nel corso dei decenni.

Si tratta di capire se affidare il futuro della musica salentina ai figli di sapienti interpreti di origine controllata, da Roberto Licci al figlio Emanuele, da Daniele Durante al figlio Mauro, o lasciare il destino di questa musica nelle mani delle rockstar che vengono in cambio di qualche bel cachet e che poi tornano da dove sono venuti senza portarsi a casa nemmeno un tamburello.

Così sta avvenendo a Melpignano con la taranta e a Torrepaduli con la Notte di San Rocco. Un po’ di allegria e nulla che serva a scrivere una virgola di una nuova pagina di arte e cultura a sud est.