“Salvatore Sava. L’altra scultura”, alla Fondazione Biscozzi Rimbaud una mostra sullo scultore salentino


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Dopo quella inaugurale, su Angelo Savelli, sarà dedicata a Salvatore Sava, scultore salentino classe 1966, tra i più significativi della propria generazione in Italia, la seconda mostra allestita dalla Fondazione Biscozzi Rimbaud.

Due sue opere – Sentieri interrotti del 1998 e Rosa selvatica del 1999 – sono già presenti nell’allestimento permanente della sede museale della nuova Fondazione leccese, in virtù dell’ammirazione nutrita per lui, fin dagli esordi, dalla coppia di collezionisti costituita da Luigi Biscozzi (scomparso nel settembre del 2018) e dalla moglie Dominique Rimbaud, attuale presidente della Fondazione.

La mostra comprende circa trenta lavori, che coprono un ampio arco della produzione dell’artista, oggetto delle acute investigazioni critiche, tra gli altri, di Luciano Caramel e di Giuseppe Appella.

L’intento del curatore dell’esposizione – dal titolo “Salvatore Sava. L’altra scultura”, che si svolgerà dal 6 febbraio al 25 settembre – il direttore scientifico Paolo Bolpagni, è di esporre anche diverse opere – di datazione fra gli anni Novanta e oggi – rimaste finora inedite, che svelano aspetti e ricerche di Sava rimasti in ombra, ma meritevoli di grande attenzione. Ormai proverbiale è infatti il ricorso, nelle sue sculture, al ferro, alla pietra leccese, all’acciaio, più di recente ai colori fluorescenti, ma in realtà l’universo creativo di questo originale artista comprende anche materiali e media differenti. In particolare, saranno per la prima volta presentati i cicli dei “neri” polimaterici, dei lavori in legno, in resina, in fibra di vetro e smalto, dei collage metallici su cartone, che rivelano un volto diverso dell’artista, la cui potenza espressiva sarà una sorpresa sia per quanti già lo conoscono, sia per chi si accosterà senza precognizioni alla sua produzione.

La Fondazione Biscozzi Rimbaud

Aperta a Lecce dal marzo del 2021 in piazzetta Baglivi in un palazzo storico ristrutturato nel rispetto dell’architettura locale e accolta con entusiasmo e partecipazione dal pubblico e dalla critica, la fondazione, pur nell’alternanza di aperture e chiusure dovute alla pandemia, annovera opere importanti di grandi nomi italiani e internazionali dell’arte del Novecento (Filippo de Pisis, Arturo Martini, Enrico Prampolini, Josef Albers, Alberto Magnelli, Luigi Veronesi), con particolare riferimento agli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta: Fausto Melotti, Alberto Burri, Piero Dorazio, Renato Birolli, Tancredi, Emilio Scanavino, Pietro Consagra, Kengiro Azuma, Dadamaino, Agostino Bonalumi, Angelo Savelli, Mario Schifano e molti altri.