L’umanità si traveste da bestia, ‘Brucia l’aria’ di Omar Di Monopoli al Convitto Palmieri


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È una terra storta quella dei romanzi di Omar Di Monopoli, una terra che di sangue si abbevera e sangue germoglia, nella quale il sangue pulsa sotto uno strato di zolle e sotto questo strato qualcosa si smuove e sono passioni violente che queste zolle le sbriciolano, fino a ridurre la terra in granelli sottili che scivolano tra le dita.

La narrazione di Omar Di Monopoli è stata definita parte di una letteratura “southern-gothic”, la stessa dei maggiori esponenti della letteratura del Sud degli Stati Uniti, Flannery O’Connor e William Faulkner. Dunque, leggere Omar di Monopoli significa accompagnare Francis a seppellire lo zio-profeta Mason, aiutarlo a scavare la fossa e a forzare il peso sul coperchio della bara per schiacciare la pancia dello zio che, grottesca e comica, fuoriesce dal perimetro della cassa di legno; significa trovare un posticino sul carretto dei Bundren per stringersi insieme a loro a scortare il corpo di Addie a Jefferson per la sepoltura.

“Noi siamo fatti di polvere, dunque se disdegnate d’impolverarvi non dovreste tentare di scrivere narrativa”, scriveva O’Connor: Di Monopoli decide di impolverarsi, di sporcarsi le mani di fango, lo stesso fango con il quale, da Creatore, modella i suoi personaggi che, come demoni “irsuti e collerici”, si muovono sullo sfondo di una natura che accoglie l’orrore delle loro esistenze ma resta loro indifferente. La vita diventa un “oscuro scrutare” (per usare le parole di un autore come Philip Dick che di orrori, destini ed entità superiori ne ha fatto letteratura) in direzione di un destino tanto temuto quanto impazientemente atteso.

È come se, nei suoi romanzi, ci fosse un Dio o un’entità superiore pronta a schiacciare gli uomini in qualsiasi momento, perché – come direbbe Kurt Vonnegut – siamo tutti “insetti in un blocco d’ambra”, tutti incastonati nell’ambra, senza nessun perché.

Con una commistione tra linguaggio narrativo e linguaggio cinematografico – derivato da una formazione avvenuta sullo studio della grafica e del fumetto – d’impronta noir, Di Monopoli racconta il Sud. Esordisce nel 2007 con il romanzo “Uomini e cani” e nel 2008 viene pubblicato “Ferro e fuoco”. Seguono “La legge di Fonzi” (2010) e la raccolta di racconti “Aspettati l’inferno” (2014). Nel 2017 ha pubblicato “Nella perfida terra di Dio”. “Brucia l’aria”, il suo ultimo romanzo (2021) sarà presentato mercoledì 27 ottobre, alle ore 18.30, al Convitto Palmieri per la Libreria Feltrinelli. Dialogherà con l’autore Luca Bandirali.

Nelle narrazioni di Omar Di Monopoli, la linea tra uomini e bestie – “uomini e cani” – diventa sottile: in questi personaggi c’è una bestialità che si traveste da umanità e una maschera di ferinità che cela, tutto sommato, un tentativo di essere, poi, sempre uomini. Sembra non esserci salvezza per i personaggi di Omar di Monopoli le cui vite, talvolta, si riducono a essere relegate in un angolo, come fa un cane che, messo all’angolo viene bastonato e si accuccia e d’improvviso mostra i denti e sbava e ringhia e tanta è la rabbia che dalle sue zanne cola schiuma. Ma il cane non è cattivo. È impaurito. E messo al muro. Così non ha scampo.

Nei romanzi di Di Monopoli non ci sono innocenti o colpevoli. Perché tutti sono innocenti e tutti sono colpevoli, allora il bianco e il nero si confondono, ci sono dolori e orrori che si innestano nelle vite dei personaggi, vengono messi lì, come bruscamente introdotti, come se un’enorme mano avesse preso un dolore o un orrore o una violenza e l’avesse scagliata su di loro, su quelle formiche che sono i suoi personaggi, che non possono far altro che subirli. Ma chi è più forte sopravvive, mostra i denti e comincia a ringhiare e può anche mordere e addirittura dilaniare, strappare, far sanguinare. Chi non morde, soccombe all’angolo, sotto le bastonate. Non esistono animi puri, secondo Di Monopoli. Forse esistono animi più luminosi o più puliti di altri, ma mai immacolati. C’è sempre un morbo, in ciascun animo, una macchia nera, un piccolo cancro che può restare lì dov’è, innocuo, o espandersi e infettare e inglobare e avvelenare tutto il resto. Aprendo “Brucia l’aria” ci si affaccia su animi intossicati di fumo, il fumo di una terra che non lascia scampo, animi che grattano con le unghie per aprirsi uno spiraglio, che cercano di spazzare via lo sporco, si affaccia sull’universo dei Caraglia: Rocco e Gaetano sono figli di Livio sui quali incombe, ancora dopo vent’anni, il fantasma del padre morto in un incendio del quale, forse, è stato lui stesso l’artefice, bruciato dal suo stesso fuoco, soffocato dal suo stesso fumo. Nella vecchia e cadente masseria di famiglia, Rocco e Gaetano accudiscono la madre malata con l’aiuto di Nunzia, primo amore di Rocco, mai dimenticato, che la prigionia di Rocco ha però, interrotto. Le vicende dei personaggi si svolgono in una terra nella quale rimanere entro il perimetro della legalità può risultare una sfida, una terra aspra che mette continuamente alla prova chi la calpesta. I personaggi di Omar Di Monopoli sono puntine fissate su una mappa che, geograficamente, è quella del Salento. Ma al di là delle spiagge, delle scogliere, delle torri, di albe e tramonti sul mare, si distende una terra brulla, crudele, un Salento parallelo che è un po’ reale e un po’ fittizio, le cui vicende ricordano fatti di cronaca modellati, però, dalla scrittura di un autore che racconta una terra interiore, mitica, paesaggio di un’epica feroce della quale Rocco e Gaetano si stagliano come statue di eroi immortali.

L’appuntamento è realizzato dalla Libreria Feltrinelli di Lecce.
Ingresso libero con GreenPass. Si consiglia la prenotazione per info 0832.373576.