Vince la Brexit, Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea. I rischi per le imprese pugliesi


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«L’elaborazione del nostro centro studi regionale  ci dà l’idea di quanto il Regno Unito rappresenti un partner commerciale importante per le nostre imprese.
Purtroppo le conseguenze dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea sono tutte da valutare. Non mi riferisco unicamente alle ripercussioni sui mercati finanziari, ma anche a quelle sull’economia reale, visto l’indebolimento di quell’area di libero scambio che ha rappresentato il vero punto di partenza dell’Europa per come la conosciamo oggi. Il rischio è quello di tornare indietro di decenni, passando da una situazione di libera circolazione di merci e lavoratori ad una frattura profonda, fatta di chiusura dei mercati e ripristino di dazi e tariffe, sia da una parte che dall’altra», questo il commento di  Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia, a poche ore dall’esito delle urne del referendum svolto nel Regno Unito che ha sancito per i cittadini di Sua maestà, l’uscita dall’Unione europea.
 
Bisogna tenere ben in mente, infatti, che il made in Puglia nel mercato britannico vale ben 204,9 milioni di euro, così come emerso da un’elaborazione del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia.
 
In particolare, le aziende della provincia di Bari esportano beni per un valore di 146,6 milioni di euro, pari al 71,5 per cento del totale dell'export pugliese. Seguono le province di Foggia con 23,8 milioni, pari all'11,6 per cento del dato complessivo; Barletta-Andria-Trani con 22,8 milioni (11,1 per cento); Lecce con 6 milioni (2,9 per cento); Brindisi con 3,8 milioni (1,9 per cento). Chiude Taranto, già parecchio ridimensionata a causa dell’involuzione dell’Ilva, con 1,9 milioni (0,9 per cento).
 
Il presidente Sgherza, però, non perde le speranze e appare fiducioso anche se, a suo dire, è necessario interrogarsi sui motivi che i cittadini britannici abbiano compiuto tale scelta: «Sono fiducioso che l’Europa sarà in grado di trovare le modalità necessarie a gestire e minimizzare le ricadute di quanto si è verificato. Tuttavia, per evitare un catastrofico “effetto domino”, è fondamentale indagare i motivi che hanno condotto uno Stato membro così importante a considerare la strada dell’abbandono dell’Unione. Al di là delle questioni più spiccatamente politiche, come la gestione dell’immigrazione, il controllo dei confini e la tutela della sicurezza, non è certo un segreto che anche i cittadini e le imprese italiani a volte vedano l’Europa come una fonte di problemi ed oppressione burocratica, piuttosto che come un’occasione di sicurezza sociale e sviluppo economico».
 
Il numero uno di Confartigianato Imprese Puglia, poi, spiega che nell’attuale sistema dell’UE, sono troppe le regole che penalizzano le piccole e medie imprese, ma che al tempo stesso non bisogna soffermarsi solo su queste situazioni:  «La percezione, a volte drammaticamente veritiera, è che nell’attuale strutturazione la UE sia macchinosa, poco trasparente e poco efficiente, incapace di rappresentare un supporto per le imprese, specie quelle piccole e medie, e per i cittadini.
 
Non dobbiamo commettere l’errore di pensare in questi termini. L’Europa non è solo questo. Non possiamo guardare unicamente alle storture della direttiva Bolkenstein, alle quote latte, all’olio tunisino o ai ritardi nell’emanazione della normativa a tutela del Made in Italy. Senza l’UE sarebbe ben maggiore il numero di imprenditori falcidiati dalla crisi, così come sarebbe ben minore il numero di investimenti che le imprese, anche quelle pugliesi, sono riuscite ad effettuare negli ultimi anni solo grazie allo stanziamento dei Fondi comunitari. Ciò senza contare i benefici, a cui forse siamo abituati, ma che non sono affatto scontati, derivanti dalla libera circolazione delle merci e delle persone. Grazie all’Unione abbiamo acquisito possibilità e diritti a cui sarebbe impensabile rinunciare».
 

Infine l’auspicio, quello che la consultazione britannica possa essere un punto di partenza per una nuova collaborazione tra stati della comunità: «Pertanto l’auspicio è che il referendum britannico, pur nella sua traumaticità, possa rappresentare un punto di partenza per rilanciare in maniera decisa la collaborazione dei Paesi che fanno parte della Comunità, con l’obiettivo di rinvigorirne il cammino, nella direzione del progresso economico-sociale e della realizzazione di un’Europa veramente unita e solidale».