"La principale arma che mio fratello Paolo ha speso fino all'ultimo momento di vita è stata la coerenza. E' la parola che uso di più".
L' Eurodeputato e membro della Commissione CRIM contro le Mafie Rita Borsellino, ha parlato questo pomeriggio agli studenti salentini della Facoltà di Giurisprudenza di Lecce nel primo ciclo di incontri "Questo paese diventerà bellissimo", organizzato da Elsa Lecce in collaborazione con l'Università del Salento.
Al progetto, finalizzato a prendere coscienza del fenomeno mafioso e del suo peso nel territorio salentino, hanno preso parte anche il Prefetto di Lecce Giuliana Perrotta e il dottor Antonio Maruccia, Magistrato di Cassazione.
La Puglia non può certo essere paragonata a regioni come la Sicilia, ma è una terra in cui il fenomeno mafioso ha profonde radici. Fra gli ultimi fatti di cronaca ricordiamo la strage di Palagiano in cui ha perso la vita il piccolo Domenico.
Per non parlare poi delle numerose operazioni di contrasto alle attività mafiose che ogni giorno vedono impegnati sul territorio Polizia e Carabinieri – fra le ultime: la seconda bomba in un anno al bar Paisiello e gli arresti per usura ed estorsione con l'aggravante della modalità mafiosa -. Il Procuratore Capo della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta, ha definito senza mezze misure il Salento "terra di mafia", provocando una spaccatura fra chi crede che l'entità del problema sia in continuo aumento e chi , invece, tende a circoscrivere il problema.
Onorevole, negazionismo o spregiudicata positività?
"La Puglia ha la sua storia che è stata affrontata anche in maniera consapevole. Ricordiamo perfettamente il trascorso della Sacra Corona unita. La mafia è stata affrontata, ma purtroppo non viene mai sradicata del tutto. La malavita organizzata e le mafie in particolare hanno questa grande capacità di cambiare tessuto, ma sono abarbicate al territorio. Negare che la mafia esista è il problema principale. Io ho dovuto combattere il negazionismo soprattutto in Europa per far accettare ai paesi europei che di mafie non bisogna solo parlare, ma bisogna anche riconoscere la loro presenza nei territori. Ho trovato grandi difficoltà soprattutto con la Germania che, purtroppo, sa perfettamente cosa sia la ndrangheta. Ho dovuto scontrarmi continuamente con questa volontà assoluta di negare l'esistenza e la presenza della mafia, di non voler riconoscerne i tanti segnali, talvolta anche cruenti. Io credo che negare sia il danno maggiore perché un fenomeno, per affrontarlo, bisogna prima di tutto conoscerlo e realisticamente riconoscerlo. Quando io avevo l'età dei ragazzi che incontro nelle scuole mi veniva detto che la mafia non esiste e invece la mafia c'era, era radicata, faceva le stragi, imperversava nella mia città. So cosa significa non voler riconoscere realtà esistenti le cui conseguenze, poi, si piangono".
Di recente nel nostro territorio, sono giunti i provvidmenti di confisca definitiva dei beni dei due boss mafiosi "Lucio della tigre" e Salvatore Buccarella. A proposito di fenomenologia mafiosa – che è il tema dell'incontro di oggi – dai loro patrimoni si evince un quadro molto diverso rispetto al passato. Ci siamo sicuramente allontanati dall'immagine del mafioso con la coppola e la lupara e abbiamo assistito ad una vera e propria evoluzione che vede il mafioso di oggi imprenditore tecnologico in giacca e cravatta.
"Innanzitutto vorrei dire che quello della confisca è un altro strumento straordinario perché impoverire le mafie è l'arma più grande. Purtroppo il problema della fenomenologia mafiosa risiede nel fatto che, nella lotta contro le mafie, è lo stato che insegue. Loro sono molto più veloci, più capaci di cambiare pelle, di inserirsi in quelli che sono i tessuti principali della società e dell'economia. E noi andiamo all'inseguimento. La mafia è un passo avanti perché non rispetta le regole, perché ha grandi mezzi e grandi strumenti, perché ha una grande spregiudicatezza. Credo che la battaglia sarà veramente efficace nel momento in cui non ci sarà più questa necessità di inseguire, ma possibilmente si riuscirà a prevenire".
Come sarà possibile riuscire finalmente a prevenire e non solo e sempre ad investigare?
"Mio fratello diceva sempre che il compito di combattere la mafia non poteva essere affidato solo ai magistrati e alle forze dell'ordine, ma che doveva essere anche un movimento culturale e morale che doveva accompagnare l'azione di magistrati e forze dell'ordine. Quando questo sarà realtà avremo fatto dei grandi passi avanti"