È un’Italia sempre più al contrario quella che oggi ha eletto il nuovo Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio.
Lasciatemi capire bene, forse qualcosa mi sfugge. Se i tifosi di una squadra, all’interno di uno stadio, intonano cori di stampo razzista nei confronti di un calciatore , automaticamente e non si capisce quanto giustamente, scattano le sanzioni per la società ed i supporter che nulla hanno a che fare con quelle urla, che si vedono puniti con sanzioni e chiusura, nella migliore delle ipotesi, del settore se non proprio dell’intero impianto, mentre, se a pronunciare quelle ingiurie è un alto dirigente sportivo, in quel caso, viene premiato con la poltrona di numero uno del massimo organo calcistico nazionale.
«Le questioni di accoglienza sono un conto, quelle del gioco un'altra. L'Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che Optì Pobà è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così. In Inghilterra deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree». A parte l’italiano non proprio da Accademia della Crusca, questa battutaccia, nel corso del discorso di presentazione della sua candidatura, a Carlo Tavecchio, ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti, non è costata nulla, se non un po’ di polemica sugli organi di stampa. Infatti, poco fa, i tesserati hanno deciso. Con il 63,3% delle preferenze al terzo scrutinio ha battuto il competitor alla guida della Figc, Demetrio Albertini che si è dovuto accontentare del 33,95%.
A nulla è servito il tentativo di mediazione del Presidente del Coni, Giovanni Malagò, che aveva chiesto ad entrambi i candidati di fare un passo indietro e commissariare le Federazione per qualche mese, il 71enne di Ponte Lambro, ha proseguito per la sua strada e ha raggiunto l’obiettivo prefissato.
A vincere, oltre a Tavecchio, anche Lotito, Galliani e Preziosi, tre dirigenti un po’ troppo refrattarie ai cambiamenti, massimi sponsor del nuovo Presidente.
Scivoloni razzistici a parte, già di per sé abbastanza motivati per cambiare cavallo su cui puntare, nel corso del famigerato discorso di presentazione non si è udito una sola proposta di cura per sanare il calcio italiano gravemente malato e non ci riferiamo solo all’umiliazione subita dagli Azzurri di Prandelli. Come sempre, a questo punto, ci toccherà aspettare per giudicare.
Adesso il primo nodo da sciogliere sarà quello della nomina del nuovo Commissario Tecnico della Nazionale. Fino ad ora sembrerebbe corsa a due tra Antonio Conte e Roberto Mancini.