Polemica in casa Pd, Rampino risponde a Piconese

Lunedè¬ l’assemblea del Partito Democratico deciderà chi sarà il nuovo presidente. La polemica si accende tra il segretario Salvatore Piconese, che ha espresso la sua preferenza, e Alfonso Rampino che invece sostiene quanto sia opportuno un confronto.

Continua all’interno del Partito Democratico la querelle sulla nomina del presidente che avverrà il prossimo lunedì. Ieri il nuovo segretario Salvatore Piconese aveva bocciato il renziano Edoardo Santoro e proposto Paola Povero nella logica delle pari opportunità. Oggi arriva la replica di Alfonso Rampino: “è sbagliato fare dei nomi prima di discutere. La presidenza del Pd deve essere frutto di un confronto aperto e leale. Così un partito parla al territorio ed agli iscritti”.

Questo è in sunto il pensiero dell’esponente del Pd, competitor del nuovo segretario alle scorse primarie. Rampino poi continua: “Ho letto con attenzione le parole del Segretario del mio partito sulla prima Assemblea convocata lunedì prossimo a Maglie, dove avverrà l’elezione della o del Presidente, e naturalmente mi fa piacere che parte del ragionamento muova dalla lettera, a firma del sottoscritto, inviata nei giorni scorsi. Purtuttavia, sono necessarie alcune brevi considerazioni, anche per fugare eventuali dubbi sulla natura delle mie parole. Mai, in nessun sede, ho immaginato di autocandidarmi alla presidenza dell’Assemblea. Piuttosto, allora come oggi, ritengo che il punto dirimente sia il metodo e la qualità del confronto in essere. Proprio per questo abbiamo avvertito la necessità, come componente, di avviare una riflessione interna da allargare a tutti coloro – e sono tantissimi – che avvertono come indifferibile e urgente discutere, ancor prima dei nomi, sul profilo della o del Presidente. Di questo, io ritengo, c’è bisogno: luoghi veri e riconoscibili del confronto, non surrogati. Men che mai la tentazione, devo dire alquanto ricorrente, di confondere lo spazio messo a disposizione dai mezzi di comunicazione come spazio della riflessione condivisa”.

Rampino poi entra nel merito della faccenda: “Parlare innanzitutto di nomi, d’altra parte, è come voler intorbidare le acque, correndo il rischio peraltro di “bruciare” persone che, o per rilievo istituzionale,  o per la passione e la dedizione con cui si sono dedicate al Partito, rivestendo peraltro in un recente passato anche ruoli pubblici, non meritano di essere utilizzate come specchietti per le allodole. Altra cosa è, viceversa, un confronto sul profilo dei candidati alla Presidenza, all’interno di una più generale emergenza: quale politica e quale ruolo per il Pd in questo territorio. La  presidenza dell'Assemblea è, vale ribadirlo ancora una volta, un ruolo di garanzia. Non può essere una merce di scambio, un dot ut des o, peggio ancora, lo strapuntino della minoranza, come il Segretario peraltro ancora oggi definisce una parte considerevole di noi tutti, tradendo uno schema mentale ancora legato ai rapporti di forza precongressuali piuttosto che ad una visione ampia della dialettica interna al partito e del suo stesso ruolo. Comprendiamo come questo passaggio sia difficile ma è questo lo sforzo da fare: essere segretario di un intero partito, non più il rappresentante di una quota parte”.

Questa, infine, la conclusione della nota di Rampino: “Anche per questo, il punto stringente non è il nome del o della Presidente, ma l'azione politica del Partito sul territorio e la qualità della dialettica interna. Un'azione che non può nutrirsi di improvvisazioni mediatiche e che ha bisogno di una Piattaforma Programmatica, capace di coinvolgere l’intero partito e soprattutto di interloquire con tutti i soggetti sociali del territorio, di incidere positivamente sui processi di trasformazione, di crescita, di sviluppo. Essere capaci, qui ed ora, di caratterizzare la nostra azione politica per un di più: più politica, più presenza territoriale, più relazione con i circoli, più interlocuzione istituzionale, più capacità di valorizzare adeguatamente il lavoro che la delegazione parlamentare sta svolgendo, più capacità di parlare con tutti i soggetti sociali, più capacità di valorizzare adeguatamente i saperi e le esperienze – anche di governo – maturate sul campo e che sono una ricchezza per tutti. Di questa necessità, e della capacità politica che riusciremo ad esprimere, avrebbe dovuto essere parte integrante – per me e per noi – il confronto sulla Presidenza dell’Assemblea. Che non lo sia stata, che così non sia accaduto, è ancora una volta un’occasione persa”.