“La notte dei lunghi coltelli” del M5S e il comunicato congiunto dei portavoce


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Rompono il silenzio i portavoce del Movimento 5 Stelle e lo faranno a strettissimo giro con un comunicato congiunto per smentire le presunte nefandezze circolate nelle ultime ore. 
Fonti interne smentiscono che i rappresentati delle istituzioni del Movimento starebbero valutando di prendere le distanze da quanto accaduto nella ormai nota “Notte dei lunghi coltelli”.

Il caso è montato a seguito dell’esclusione, per deficit di requisiti, di un numero cospicuo di iscritti alla piattaforma Rousseau, in corsa per le parlamentarie del Movimento.

Una selezione operata dal capo politico e dallo staff , si legge nel regolamento, ma che tuttavia ha generato non pochi malumori tra attivisti e non. 
Il livore scaricato sul web in queste ore da parte degli esclusi ha reso necessaria una dichiarazione unanime degli esponenti pentastellati.

Nomi noti, affiliati al Movimento, sono rimasti fuori dalla corsa al Parlamento: si tratta di attivisti storici, per lo più, che già da tempo si erano resi protagonisti di attriti con le fondamenta del Movimento stesso e non avevano risparmiato critiche in più occasioni alle scelte operate dalla base.

Il caso che ha fatto molto rumore è stato quello di Caterina Vitiello, già candidata alle elezioni regionali nel 2015. Nel caso specifico, Vitiello già da tempo aveva rotto ogni rapporto con i rappresentanti locali del Movimento e contestato, in più occasioni pubblicamente, le scelte operate sull’indicazione del candidato sindaco leccese durante le scorse elezioni amministrative nel 2017. 
A questa si aggiungono Giovanni Manzo, fuoriuscito dal gruppo primigenio a seguito della sconfitta alle comunali, Mario Giugno e Daniele Stefanelli che hanno fatto sentire il loro dissenso fin dalle prime ore seguite all’inizio delle votazioni online.

Le accuse sono pesanti: si parla di “epurazione” voluta dai portavoce, di selezione in contrasto con i principi di partecipazione democratica cui il Movimento si è sempre ispirato.

L’hashtag “Annullatetutto” è circolato sin da subito e la polemica non si spegne. Queste le motivazioni che hanno spinto i volti noti del Movimento a rompere il silenzio ed irrompere sulla scena con una dichiarazione che ponga fine al comportamento inscenato dai dissidenti.

Si mormora, inoltre, di una possibile scissione dei candidati esclusi che potrebbero decidere di organizzarsi in autonomia e remare contro il Movimento. 
Tuttavia, fonti interne rivelano che le posizioni di quanti sono rimasti fuori dalla corsa al Parlamento erano già da tempo lontane dalla base ed anzi, annoveravano nel proprio curriculum una lunga serie di attacchi pubblici nei riguardi dei portavoce.

“Anche in Puglia – si legge nella nota ufficiale –  abbiamo avuto modo di constatare come lo staff nazionale abbia ritenuto, come preannunciato, di non approvare tutte le disponibilità alla candidatura così come, probabilmente, sono state in alcuni casi approvate le richieste anche di coloro che hanno completato solo la prima fase di candidatura cliccando sull’apposito tasto ‘conferma’. Una attività di selezione operata evidentemente anche sulla base delle segnalazioni ricevute in questi 5 anni da qualsiasi attivista o portavoce iscritto al Movimento e che, potrà proseguire fino all’effettivo deposito delle liste” – chiarisce il comunicato.

E chiosa: “L’obbiettivo è uno soltanto, tutelare al massimo il M5S e tutti coloro che lo supportano, a qualunque costo. Dal canto nostro, noi consiglieri del Movimento 5 Stelle Puglia ribadiamo e rispediamo al mittente qualsiasi tentativo di strumentalizzare dichiarazioni o di individuare particolari responsabilità di qualsiasi portavoce locale nelle decisioni prese dallo staff nazionale che ha esercitato legittimamente una facoltà che ogni attivista gli ha attribuito firmando un chiaro regolamento al momento della candidatura”.

Sulla scorta di tali dichiarazioni che confermano la linea dura adottata nelle selezioni, gli “epurati”( così hanno voluto definirsi gli stessi, ndr), avrebbero in mente di intraprendere una battaglia legale a tutti gli effetti, senza però tenere conto che, nel dare la loro disponibilità alla candidatura, avrebbero anche accettato di sottoporsi all’insindacabile giudizio del capo politico e suo staff. 
Certamente l’attesa dichiarazione dei portavoce chiarisce le posizioni, ma potrebbe non essere sufficiente a spegnere la polemica. Potrebbe sortire invece l’effetto di acqua sul fuoco.